PAOLINO:
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Cavalier,
perdonate, se pria non son venuto
D'affetto e
d'amicizia a rendervi un tributo.
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CAVALIERE:
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Sempre caro
mi siete. De' cari amici miei,
Per tempo o
lontananza, scordarmi io non saprei.
Se vengono a
vedermi, ne ho piacer, ne ho diletto;
Serbo lor, se
non vengono, il medesimo affetto;
Stessero i
mesi e gli anni a favorirmi ancora,
Quando mi
favoriscono son grato a chi mi onora.
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PAOLINO:
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Bel
rimprovero, amico, gentile ed amoroso!
Lo so che al
mio dovere fui finor neghittoso.
Dovea, due
mesi sono, venire al Feudo vostro,
A darvi un
testimonio del primo affetto nostro;
Ma i domestici affari...
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CAVALIERE:
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Vi prego, in cortesia,
Sono le
cerimonie sbandite in casa mia.
Se amor qua
vi conduce, gradisco il vostro affetto,
E se obbedirvi
io deggio, che comandiate aspetto.
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PAOLINO:
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Sì, amico, a
voi mi guida l'amore e il dover mio;
Con voi me ne
condolgo...
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CAVALIERE:
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Di che?
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PAOLINO:
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Di vostro zio
So che dopo
due mesi ch'egli mancò di vita,
Non dovrei
rinnovarvi nel cuore una ferita.
Lo so ch'egli
vi amava, so che voi pur l'amaste,
E fui a parte
anch'io del duol che ne provaste.
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CAVALIERE:
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Gradisco i
buoni uffici di un generoso amico,
Ma noto esser
dovrebbevi il mio costume antico.
Delle
sventure umane affliggermi non soglio,
Né con vil
debolezza, né con soverchio orgoglio.
Lo zio,
ch'era mortale, pagato ha il suo tributo;
Per prolungar
suoi giorni fec'io quanto ho potuto.
Della natura
umana i primi moti ho intesi,
Ma a
rispettare il fato dalla ragione appresi;
Dicendo fra
me stesso, se morto ora è lo zio,
Perché
dolermi tanto, se ho da morire anch'io?
E dopo la mia
morte a me che gioveranno
Le lacrime e
i singhiozzi di quei che resteranno?
La vita è
troppo breve per trapassarla in guai;
Abbiam delle
sventure da tollerare assai;
E quei che
più si affliggono degl'infortuni usati,
Vivono men
degli altri, sono a se stessi ingrati.
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PAOLINO:
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Questa
filosofia piacemi estremamente.
Il mal non è
più male, se l'anima nol sente.
Resti in pace
lo zio, che fatto ha un sì gran volo;
Della vostra
virtude con voi me ne consolo.
E poi, se
all'amicizia libertà si concede,
Godo ch'ei
v'abbia fatto di sue ricchezze erede.
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CAVALIERE:
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Con quella
indifferenza, con cui della sua morte
Ho ricevuto
il colpo, accolta ho la mia sorte.
Cosa son
questi beni? Parlo col cuor sincero,
Ricusarli non
deggio, ma non li stimo un zero.
Col scarso
patrimonio dal padre ereditato
Vissi finor
tranquillo, contento del mio stato.
Finor la
mensa mia ebbi ogni dì imbandita
D'alimento
discreto per conservarmi in vita.
Potei
decentemente finora andar vestito,
Un servitor
bastavami per essere servito.
Qualche
piacer potevami prendere onestamente;
Avea de'
buoni amici, vivea felicemente.
E misurando i
pesi colle mie scarse entrate,
Le partite
bastavami vedere equilibrate.
Or le nuove
ricchezze a che mi serviranno,
Se non se per
accrescermi qualche novello affanno?
Ma io, per
evitare qualunque dispiacenza,
Serberò in ogni
stato l'usata indifferenza.
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PAOLINO:
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Un simile
costume è ottimo, lo so;
Ma sempre
indifferente essere non si può.
Nascono di
quei casi, in cui non val ragione
Per superare
i stimoli d'ingenita passione.
L'uomo non è
insensibile; lo stoico più severo
Pena sugli
appetiti a sostener l'impero;
E ad onta
dello studio, in pratica si vede,
Che alla natura
umana l'uom si risente e cede.
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CAVALIERE:
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Tutti siam
d'una pasta, anch'io ve lo concedo,
Ma vincolato
il cuore negli uomini non credo.
Se fossimo
costretti cedere alla passione,
Inutile
sarebbe l'arbitrio e la ragione;
Né merto, né
demerito si avria nel mal, nel bene,
Lo che
all'uom ragionevole di attribuir sconviene.
E il seguitar
dell'anima i volontari aiuti,
È quel che ci
distingue dal genere dei bruti.
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PAOLINO:
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Dunque, per
quel ch'io sento, privo d'ogni passione,
Siete un novel
filosofo più stoico di Zenone.
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CAVALIERE:
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Non fondo il
mio sistema sopra gli esempi altrui;
Ciascun dee
onestamente seguire i pensier sui.
Amo il ben
della vita, i comodi non sprezzo,
Ma sono anche
agl'incomodi a rassegnarmi avezzo.
Talora un ben
mi arriva, un mal talor m'avviene;
Io sono
indifferente al mal siccome al bene.
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PAOLINO:
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Voi, che
avete sinora l'indifferenza amato,
Ditemi, foste
mai di donna innamorato?
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CAVALIERE:
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Mai, per grazia
del cielo.
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PAOLINO:
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Grazia è del cielo, è vero.
Io posso dir
per prova quanto amor sia severo.
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CAVALIERE:
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Non ho per
dire il vero, cercato innamorarmi;
Ma dall'amar
nemmeno cercato ho di sottrarmi;
Di belle
donne al fianco mi ritrovai talora,
Conobbi il
loro merito, ma non mi accesi ancora;
Onde, o finor
non vidi donna in cuor mio possente,
O il cuore ho
per natura da tal passione esente.
Questa
freddezza interna so che un piacer mi toglie,
Ma so ancor
che l'amore reca tormenti e doglie;
E in dubbio
che mi rechi amor gioia, o tormento,
Son dell'indifferenza
lietissimo e contento.
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PAOLINO:
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Cavaliere,
credetemi, arriverà quel dì,
Che il vostro
core acceso non penserà così.
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CAVALIERE:
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Può darsi;
anch'io son uomo, so che l'uom s'innamora,
Posso anch'io
innamorarmi, ma non l'ho fatto ancora.
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PAOLINO:
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Sarà pur
necessario, che voi prendiate stato.
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CAVALIERE:
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Necessario? perché?
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PAOLINO:
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Lo zio
non vi ha lasciato
L'obbligo in
testamento, ragionevole, onesto,
Di maritarvi?
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CAVALIERE:
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È vero.
Ma qual ragion per questo?
Quand'io non
mi marito, e altrui le facoltà
Passin del
testatore, per me che mal sarà?
Contento del
mio stato viver potei finora;
Potrei senza i
suoi beni viver contento ancora.
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PAOLINO:
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La contessa
Lavinia, che a voi fu destinata
Dallo zio per
consorte, da voi non è curata?
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CAVALIERE:
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La venero, la
stimo, di soddisfare io bramo
Dello zio
l'intenzione, ma per dir ver, non l'amo.
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PAOLINO:
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Ma se voi di
marito non date a lei la fede,
Ella dal
testatore vien dichiarata erede.
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CAVALIERE:
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Questa
minaccia orribile non giunge a spaventarmi,
Come non mi
spaventa l'idea d'accompagnarmi.
Darò alla
Contessina forse la mano e il core
Ma violentar
non voglio l'indifferente amore.
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PAOLINO:
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(Buon per me,
ch'ei negasse di acconsentire al nodo.
Di conseguir
Lavinia mi si offrirebbe il modo). (Da sé.)
Pigliereste una
donna senza provarne affetto?
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CAVALIERE:
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L'amerei per
dovere, se non per mio diletto.
Esser potrà
sicura, ch'io non farolle un torto,
Ma per amor
non speri vedermi a cascar morto.
Di me sarà
contenta, se bastale la fede.
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PAOLINO:
|
Eh, la donna,
signore, altro dall'uom richiede.
Sollecita agli
amplessi, quel ch'ella brama, io so.
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CAVALIERE:
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Io non mi vo'
confondere, farò quel che potrò.
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PAOLINO:
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(L'amore e
l'amicizia guerra mi fan nel seno.
Alla passion
che agita, ponga ragione il freno). (Da sé.)
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