Carlo Goldoni
L’apatista

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

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ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

 

Il Cavaliere e don Paolino.

 

PAOLINO:

Cavalier, perdonate, se pria non son venuto

D'affetto e d'amicizia a rendervi un tributo.

CAVALIERE:

Sempre caro mi siete. De' cari amici miei,

Per tempo o lontananza, scordarmi io non saprei.

Se vengono a vedermi, ne ho piacer, ne ho diletto;

Serbo lor, se non vengono, il medesimo affetto;

Stessero i mesi e gli anni a favorirmi ancora,

Quando mi favoriscono son grato a chi mi onora.

PAOLINO:

Bel rimprovero, amico, gentile ed amoroso!

Lo so che al mio dovere fui finor neghittoso.

Dovea, due mesi sono, venire al Feudo vostro,

A darvi un testimonio del primo affetto nostro;

Ma i domestici affari...

CAVALIERE:

Vi prego, in cortesia,

Sono le cerimonie sbandite in casa mia.

Se amor qua vi conduce, gradisco il vostro affetto,

E se obbedirvi io deggio, che comandiate aspetto.

PAOLINO:

Sì, amico, a voi mi guida l'amore e il dover mio;

Con voi me ne condolgo...

CAVALIERE:

Di che?

PAOLINO:

Di vostro zio

So che dopo due mesi ch'egli mancò di vita,

Non dovrei rinnovarvi nel cuore una ferita.

Lo so ch'egli vi amava, so che voi pur l'amaste,

E fui a parte anch'io del duol che ne provaste.

CAVALIERE:

Gradisco i buoni uffici di un generoso amico,

Ma noto esser dovrebbevi il mio costume antico.

Delle sventure umane affliggermi non soglio,

Né con vil debolezza, né con soverchio orgoglio.

Lo zio, ch'era mortale, pagato ha il suo tributo;

Per prolungar suoi giorni fec'io quanto ho potuto.

Della natura umana i primi moti ho intesi,

Ma a rispettare il fato dalla ragione appresi;

Dicendo fra me stesso, se morto ora è lo zio,

Perché dolermi tanto, se ho da morire anch'io?

E dopo la mia morte a me che gioveranno

Le lacrime e i singhiozzi di quei che resteranno?

La vita è troppo breve per trapassarla in guai;

Abbiam delle sventure da tollerare assai;

E quei che più si affliggono degl'infortuni usati,

Vivono men degli altri, sono a se stessi ingrati.

PAOLINO:

Questa filosofia piacemi estremamente.

Il mal non è più male, se l'anima nol sente.

Resti in pace lo zio, che fatto ha un sì gran ;

Della vostra virtude con voi me ne consolo.

E poi, se all'amicizia libertà si concede,

Godo ch'ei v'abbia fatto di sue ricchezze erede.

CAVALIERE:

Con quella indifferenza, con cui della sua morte

Ho ricevuto il colpo, accolta ho la mia sorte.

Cosa son questi beni? Parlo col cuor sincero,

Ricusarli non deggio, ma non li stimo un zero.

Col scarso patrimonio dal padre ereditato

Vissi finor tranquillo, contento del mio stato.

Finor la mensa mia ebbi ogni imbandita

D'alimento discreto per conservarmi in vita.

Potei decentemente finora andar vestito,

Un servitor bastavami per essere servito.

Qualche piacer potevami prendere onestamente;

Avea de' buoni amici, vivea felicemente.

E misurando i pesi colle mie scarse entrate,

Le partite bastavami vedere equilibrate.

Or le nuove ricchezze a che mi serviranno,

Se non se per accrescermi qualche novello affanno?

Ma io, per evitare qualunque dispiacenza,

Serberò in ogni stato l'usata indifferenza.

PAOLINO:

Un simile costume è ottimo, lo so;

Ma sempre indifferente essere non si può.

Nascono di quei casi, in cui non val ragione

Per superare i stimoli d'ingenita passione.

L'uomo non è insensibile; lo stoico più severo

Pena sugli appetiti a sostener l'impero;

E ad onta dello studio, in pratica si vede,

Che alla natura umana l'uom si risente e cede.

CAVALIERE:

Tutti siam d'una pasta, anch'io ve lo concedo,

Ma vincolato il cuore negli uomini non credo.

Se fossimo costretti cedere alla passione,

Inutile sarebbe l'arbitrio e la ragione;

merto, né demerito si avria nel mal, nel bene,

Lo che all'uom ragionevole di attribuir sconviene.

E il seguitar dell'anima i volontari aiuti,

È quel che ci distingue dal genere dei bruti.

PAOLINO:

Dunque, per quel ch'io sento, privo d'ogni passione,

Siete un novel filosofo più stoico di Zenone.

CAVALIERE:

Non fondo il mio sistema sopra gli esempi altrui;

Ciascun dee onestamente seguire i pensier sui.

Amo il ben della vita, i comodi non sprezzo,

Ma sono anche agl'incomodi a rassegnarmi avezzo.

Talora un ben mi arriva, un mal talor m'avviene;

Io sono indifferente al mal siccome al bene.

PAOLINO:

Voi, che avete sinora l'indifferenza amato,

Ditemi, foste mai di donna innamorato?

CAVALIERE:

Mai, per grazia del cielo.

PAOLINO:

Grazia è del cielo, è vero.

Io posso dir per prova quanto amor sia severo.

CAVALIERE:

Non ho per dire il vero, cercato innamorarmi;

Ma dall'amar nemmeno cercato ho di sottrarmi;

Di belle donne al fianco mi ritrovai talora,

Conobbi il loro merito, ma non mi accesi ancora;

Onde, o finor non vidi donna in cuor mio possente,

O il cuore ho per natura da tal passione esente.

Questa freddezza interna so che un piacer mi toglie,

Ma so ancor che l'amore reca tormenti e doglie;

E in dubbio che mi rechi amor gioia, o tormento,

Son dell'indifferenza lietissimo e contento.

PAOLINO:

Cavaliere, credetemi, arriverà quel ,

Che il vostro core acceso non penserà così.

CAVALIERE:

Può darsi; anch'io son uomo, so che l'uom s'innamora,

Posso anch'io innamorarmi, ma non l'ho fatto ancora.

PAOLINO:

Sarà pur necessario, che voi prendiate stato.

CAVALIERE:

Necessario? perché?

PAOLINO:

Lo zio non vi ha lasciato

L'obbligo in testamento, ragionevole, onesto,

Di maritarvi?

CAVALIERE:

È vero. Ma qual ragion per questo?

Quand'io non mi marito, e altrui le facoltà

Passin del testatore, per me che mal sarà?

Contento del mio stato viver potei finora;

Potrei senza i suoi beni viver contento ancora.

PAOLINO:

La contessa Lavinia, che a voi fu destinata

Dallo zio per consorte, da voi non è curata?

CAVALIERE:

La venero, la stimo, di soddisfare io bramo

Dello zio l'intenzione, ma per dir ver, non l'amo.

PAOLINO:

Ma se voi di marito non date a lei la fede,

Ella dal testatore vien dichiarata erede.

CAVALIERE:

Questa minaccia orribile non giunge a spaventarmi,

Come non mi spaventa l'idea d'accompagnarmi.

Darò alla Contessina forse la mano e il core

Ma violentar non voglio l'indifferente amore.

PAOLINO:

(Buon per me, ch'ei negasse di acconsentire al nodo.

Di conseguir Lavinia mi si offrirebbe il modo). (Da sé.)

Pigliereste una donna senza provarne affetto?

CAVALIERE:

L'amerei per dovere, se non per mio diletto.

Esser potrà sicura, ch'io non farolle un torto,

Ma per amor non speri vedermi a cascar morto.

Di me sarà contenta, se bastale la fede.

PAOLINO:

Eh, la donna, signore, altro dall'uom richiede.

Sollecita agli amplessi, quel ch'ella brama, io so.

CAVALIERE:

Io non mi vo' confondere, farò quel che potrò.

PAOLINO:

(L'amore e l'amicizia guerra mi fan nel seno.

Alla passion che agita, ponga ragione il freno). (Da sé.)

 

 

 


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