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Il Conte, il Cavaliere e don Paolino.
(Or son bene imbrogliato). (Da sé.) |
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No, no, restate pure, anzi ne son contento. Un uomo come me, che parla chiaro e tondo, Non teme di spiegarsi in faccia a tutto il mondo. |
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In pochissimi accenti dirò il mio sentimento. D'Alfonso mio cugino vi è noto il testamento. Per noi siamo prontissimi a dargli esecuzione; Di voi saper si brama quale sia l'intenzione. |
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Dirò... |
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Non crederei che avesse dissimile intenzione; |
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No, amico, vi ringrazio; so compatire il sesso; Mi accetti, o mi ricusi, per me sarà lo stesso. Basta che non si dica, ch'io sono un uomo ingrato Al zio, che a mio dispetto mi vuol beneficato. |
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Meglio non può parlare. Su dunque, in testimonio D'amor, di gratitudine, facciamo il matrimonio. |
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Farlo per l'interesse sarebbe un folle inganno: Non ebbe il testatore l'idea d'esser tiranno. E voi che li affrettate al nodo repentino, |
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Non vorrei aggravarmi, per dir la verità. |
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Della mia disponete. |
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Sarebbe un altro imbroglio. Saria una confusione. Lo zio col testamento vuole che siano uniti, |
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Io litigar non voglio. |
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Fate assai ben le parti d'amico e d'avvocato. So disprezzare i beni, posso donare il mio; Ma gli altri non dispongono, quando il padron son io. Lodo che per la dama siate di zelo acceso, Parmi aver di tal zelo l'occulto fin compreso. Non curo le ricchezze, non sono innamorato, Ma per soffrire i torti, non sono un insensato. Parli pur la Contessa, esponga i suoi desiri, Non creda che il mio cuore a violentarla aspiri. Son pronto un sagrifizio fare alla dama onesta, Ma d'obbligarmi a farlo la via non è codesta; E voi, don Paolino, che forse in altro aspetto Veniste a prevenire la dama in questo tetto, |
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Questo latino oscuro spiegatemi in volgare. |
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Evvi ragione alcuna, ond'abbia a sospettare? |
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Non crederei. |
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Almeno all'apparenza sembrate un galantuomo. |
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Dunque ei mi fece un torto. |
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Sarà non me n'intendo. |
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Le mie soddisfazioni da voi medesmo attendo. |
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Da me? |
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Ecco un novello imbroglio. Che diavolo sarà? Io soddisfar lo deggio. Oh bella in verità! |