Carlo Goldoni
L’apatista

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

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ATTO TERZO

SCENA PRIMA

 

Fabrizio ed altri servitori, i quali vanno preparando la tavola per il desinare.

 

FABRIZIO:

Or principio a capire, che il mio signor padrone

Suol dir filosofando cose massiccie e buone.

Egli ha detto più volte, che aveva meno guai,

Quand'era poveruomo, e stava meglio assai.

Ha ragion, ha ragione davvero il padron mio;

Ei stava meglio allora, e stavo meglio anch'io.

Ora la casa è piena sempre di gente nuova;

Il solito riposo da noi più non si trova.

E quel che più mi spiace, egli è dover servire

Di quelle genti ancora, ch'io non potrei soffrire.

Per la dama, pazienza, lo faccio volentieri;

Impiegherei, servendola, per essa i giorni intieri:

Mi piacciono quegli occhi, e, ancor nel grado mio,

Ho piacer di vederla, e mi diverto anch'io.

Ma quel don Paolino con dispiacer lo veggio,

E il conte Policastro lo soffro ancora peggio.

Ma a lor tanti dispetti farò per parte mia,

Che per disperazione li vederò andar via.

Dispensar i padroni possono i lor favori,

Ma gli ordini eseguire sta in man dei servitori;

E quando i forastieri a genio non ci vanno,

Si servon per dispetto, e disperar si fanno.

Figliuoli, questa mane abbiamo a desinare

Gente, che a questa tavola non merta di mangiare.

A quei due, che vi ho detto, fate penare il bere,

Dietro la loro sedia non stiavi alcun staffiere;

E se alcuno di loro vi comandasse ardito,

Col tondo o col bicchiere macchiategli il vestito.

Se vi pare che un piatto gli piaccia estremamente,

Levategli dinanzi il tondo immantinente.

E s'egli lo trattiene, allor che se n'avvede,

Mostrando inavvertenza, zappategli sul piede.

Se il caffè vi domandano, ovver la cioccolata,

Mostrate non intender che l'abbiano ordinata.

E all'ora del dormire, quelli che già vi ho detto,

Trovin la stanza ingombra, e mal composto il letto.

 

 


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