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Il Conte Policastro e detti; poi Servitori che mettono in tavola.
Che avete? |
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Il ciel sia ringraziato. (Esce fuori.) |
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Senza difficoltade da lui mi ho liberata. |
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Ne ho poco per natura, |
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Se mangiar non volete, io non vi obbligherò. |
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Vuò star, se il permettete, in questo cantoncino; Ancora in casa mia sto sempre in un cantone. (Così potrò mangiare con minore soggezione) (Da sé.) |
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E voi? |
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(spiega la salvietta alla Contessa, e le taglia il pane ecc.). |
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No signore, è superfluo vi stiate a incomodare. |
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Ma io non saprò fare. |
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Se di ciò vi offendete... |
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Servitela la dama, che in questo mentre imparo. Presentate la zuppa. Io non lo faccio mai. |
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Per me, don Paolino, minestratene assai. |
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Basta così? (Mette la zuppa nel tondo per il conte, dopo averne dato alla Contessa.) |
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Anche un poco. |
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Io non ne son portato. |
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È vano il lusingarsi, Che il signor Cavaliere si degni incomodarsi. |
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No, davver, niente affatto. |
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Datemi l'una e l'altra, che dopo io sceglierò. (Gli dà mezzo cappone ed ei se lo mangia.) |
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Vorrei di quel tondino. |
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Mescolerem l'intingolo con il cappone insieme. (Mette tutto nel piatto.) |
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La dama ne ha richiesto, e voi non la servite? (Al Cavaliere.) |
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Voi trinciar principiaste, ed a trinciar seguite. |
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Voi da me ricusate? |
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Più non ne voglio. |
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(Ingrata!) (Da sé, sospirando.) |
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Lo volete da me? (Alla Contessa.) |
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Sì, la mia Contessina, vi servirò di cuore. (Gli dà di quel tal piatto, ed ella lo riceve.) |
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Ma perché mai, Contessa?... |
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Datemi un pocolino di quella carne allessa. (A don Paolino.) |
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Un poco più; non sono un collegiale. |
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Vuò fare il fondamento. (Si mete a mangiare.) |
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Eccomi, son da voi. Cosa mi comandate? |
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Se sfortunato or siete, non lo prendete a sdegno. Fate quel ch'io vi dico, e torneravvi in bene; Rassegnatevi in pace al mal siccome al bene, |
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Voi così ragionate? |
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Ragiono istessamente. (Al Cavaliere.) |
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Dunque, se vi sprezzassi, sareste indifferente. |
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Perdonate, Contessa, mentir non son capace: Se voi mi disprezzaste, vorrei soffrirlo in pace. |
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Ed io giuro d'amarla schernito e disprezzato. |
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Ora voi non c'entrate, con voi non ho parlato. (A don Paolino.) |
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(Povero Paolino! Ei mi rassembra un pazzo). (Da sé.) Ehi, cambiate la tavola, se non si mangia più. (Ai Servitori.) |
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Lasciatemi sentire quel piatto di ragù. |
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Non va male il ragù con il bollito insieme. (Mette il ragù nel suo tondo, e i Servitori, levando i piatti, pongono quelli della seconda portata.) |
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Ma bevete. (La Contessa e don Paolino badano a parlar piano fra loro.) |
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Da bevere. (Domandandolo ai Servitori.) Pare proprio dipinto quel pezzo di vitello. Un bodino, un bodino, ci ho gusto in verità, Quel bodino all'inglese mettetemelo qua. L'insalata potete porla dall'altra parte. Oh, di quei pasticcini ne voglio la mia parte. (Gli portano una sottocoppa con una caraffina di vino e una di acqua.) Portate via quest'acqua, non la posso vedere: L'acqua si dà da noi agli asini da bere. Orsù, lo so che i brindisi or si accostuman poco, |
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Bravo, bravo davvero, questa è sincerità, Applaudire di cuore quel che piacer ci fa. Che dite voi, Contessa? Capperi, siete molto Nel discorso impegnata, ed infiammata il volto! |
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Di che mai sospettate? |
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Troppo ho per voi rispetto, Della vostra condotta per concepir sospetto. La medesima stima ho per don Paolino; che volete ch'io tema? |
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