Carlo Goldoni
L’apatista

ATTO QUINTO

SCENA SECONDA

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SCENA SECONDA

 

Il Conte Policastro e detti.

 

CONTE

(entrando nella camera vede li due nella positura suddetta, osserva un poco, poi pian piano torna a partire senza dir niente).

LAVINIA:

Sento gente. Levatevi. (S'alza.)

PAOLINO:

Non vi è nessun, mia cara. (Alzandosi.)

Ah, sempre più vi scorgo meco di grazie avara.

Per togliervi dappresso a un infelice oggetto,

Basta a giustificarvi un'ombra di sospetto.

Siam soli, e pria che alcuno s'inoltri a queste porte

Datemi la sentenza di vita, ovver di morte.

Ditemi, se soffrire deggio un sì rio tormento;

Per soddisfarvi ancora saprò morir contento.

LAVINIA:

Ah, non credea vedermi condotta a questo passo.

Son donna, e nel mio seno non chiudo un cuor di sasso.

Di forza e di coraggio posso arrogarmi il vanto;

Ma oimè, non so resistere in faccia a un sì bel pianto.

Don Paolino, vinceste. Vi amo, ma che per questo?

Posso mancar di fede a un cavaliere onesto?

E voi, che ospite siete del Cavaliere istesso,

Tradireste l'amico dalla passione oppresso?

PAOLINO:

La mia ragione è antica: non ebbe in questo loco,

Suscitato dal caso, principio il nostro foco.

Mia veniste qua dentro, mia per legge d'amore;

Reo non son io, se tento ricuperar quel core;

E a rendermi innocente con il cortese amico,

Basta che voi diciate, che l'amor nostro è antico.

LAVINIA:

No, più a tempo non sono; ei sospettollo in pria;

Libera in faccia ad esso vantai quest'alma mia.

E (ve lo dico in faccia) libera fui finora;

Ma son pietosa e tenera con chi pietade implora.

Questi caldi sospiri, questo languirmi innante,

Quel che non fui per anni, mi rese in un istante.

Ma ancor vieppiù sincera di ragionar consento:

È ver, del Cavaliere il freddo cor pavento.

Da un'alma indifferente non spero essere amata;

Il mio danno preveggo, ma la parola ho data.

PAOLINO:

Dunque...

LAVINIA:

Dunque cessate di sospirare invano.

PAOLINO:

Oh barbara sentenza! oh destino inumano!

Se abbandonar vi deggio, perché mai dir d'amarmi?

Meglio per me, che almeno finto aveste d'odiarmi.

Avrei coll'odio vostro sofferto un sol tormento,

Ma dall'amor la pena moltiplicarmi io sento.

Pure obbedirvi io deggio ad ogni costo ancora.

Si ha da partir? si parta. Si ha da morir? si mora.

Deh, pria ch'io porti il piede dall'idol mio lontano,

Possa un umile bacio stampar su quella mano.

LAVINIA:

L'onor mio nol consente.

PAOLINO:

Amor mi reca ardire. (Accostandosi.)

LAVINIA:

Che ardireste di fare? (Fra il fiero e il tenero.)

PAOLINO:

Su questa man morire. (Le prende la mano per forza.)

LAVINIA:

Lasciatemi... (Si libera da don Paolino.)

PAOLINO:

Crudele.

LAVINIA:

In qual misero stato...

 

 

 


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