Carlo Goldoni
Le avventure della villeggiatura

ATTO SECONDO

Scena Undicesima. Filippo e detti

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Scena Undicesima. Filippo e detti

 

FILIPPO: Servo di lor signori. (Tutti salutano senza moversi.) E io non ho da far niente? Tutti giocano, e per me non c'è da giocare?

GIACINTA: Vuol giocare, signor padre?

FILIPPO: Mi parerebbe di sì.

GIACINTA: Ehi! portate un altro tavolino. Vada a giocare a bazzica col signor Tognino.

FILIPPO: A bazzica?

GIACINTA: Non c'è altra partita. Il signor Tognino non sa giocare che a bazzica.

FILIPPO: E non posso giocare con qualcun altro? Non posso giocare a picchetto col signor Ferdinando?

SABINA: Il signor Ferdinando è impegnato.

FILIPPO: Oh! questa è bella da galantuomo.

ROSINA: Caro signor Filippo, non si degna di giocare col signor Tognino?

FILIPPO: Non occorr'altro. Andiamo a giocare a bazzica. (A Tognino.)

TOGNINO: Avverta ch'io non gioco di più d'un soldo la partita.

FILIPPO: Sì, andiamo; giocheremo d'un soldo. (S'incammina al tavolino.) Ehi! senti, va subito in cucina, e di' al cuoco che si solleciti quanto può, e che, crudo o cotto, dia in tavola. (Ad un Servitore, che parte.) (Figurarsi s'io voglio star qui un'ora a giocare a bazzica con questo ceppo!). (Siede al tavolino con Tognino e giocano.)

VITTORIA: Mi pare che un addio stamane si poteva venire a darmelo. (A Guglielmo.)

GUGLIELMO: Ma non vi ho detto, signora, che non sono uscito di casa?

VITTORIA: Sì, è vero; state in casa assai volentieri. Io dubito che a questa casa siate un poco troppo attaccato.

GUGLIELMO: Non so con qual fondamento lo possiate dire.

COSTANZA: Ma, signori miei, si gioca o non si gioca?

GUGLIELMO: Ha ragione la signora Costanza.

VITTORIA: (Or ora getto le carte in tavola).

GIACINTA: (Vittoria, per quel ch'io sento, vuol far nascere delle scene).

LEONARDO: Perché non bada al suo gioco, signora Giacinta?

ROSINA: Via, risponda. Ho giocato picche.

GIACINTA: Taglio.

ROSINA: Taglia? Se ha rifiutato a trionfo.

LEONARDO: Non vuol che rifiuti? Non ha il cuore al gioco.

GIACINTA: Fo il mio dovere. Sento che qualcheduno si lamenta, e non so di che.

LEONARDO: (Non veggio l'ora che finisca questa maladetta villeggiatura).

SABINA: Ah! ah! gli ho dato un cappotto; un cappotto, gli ho dato un cappotto.

FERDINANDO: Brava, brava; mi ha dato un cappotto.

VITTORIA: Ha sempre gli occhi qui la signora Giacinta. (A Guglielmo.)

GUGLIELMO: La padrona di casa ha da tenere gli occhi per tutto.

VITTORIA: Sì, sì, difendetela. Trionfo. (Giocando con dispetto.)

COSTANZA: Questo non è trionfo, signora.

VITTORIA: Che so io che diavolo giochi?

COSTANZA: In verità, così non si può giocare. (Forte.)

GIACINTA: Che ha, signora Costanza?

COSTANZA: Sono cose...

VITTORIA: Eh! badi al suo gioco, signora Giacinta. (Ridendo.)

GIACINTA: Perdoni... sento che si lamentano...

TOGNINO: Bazzicotto, bazzicotto.

FILIPPO: Sì, sì, bazzicotto, bazzicotto. (Con rabbia.)

GIACINTA: Mi pare che la signora Vittoria non abbia per me grande amicizia. (Piano a Leonardo.)

LEONARDO: Non so che dire; ma in ogni caso si mariterà. (Piano a Giacinta.)

GIACINTA: Quando?

LEONARDO: Può essere che non passi molto.

GIACINTA: Sperate voi che il signor Guglielmo la sposi?

LEONARDO: Se il signor Guglielmo non prenderà mia sorella, né anche in casa vostra non ci verrà più.

GIACINTA: Davvero?

LEONARDO: Davvero.

ROSINA: Ma via, risponda. (A Giacinta.)

VITTORIA: (Parlano di me, mi pare).


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