Carlo Goldoni
Le avventure della villeggiatura

ATTO TERZO

Scena Quindicesima. Paolino e detti

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Scena Quindicesima. Paolino e detti

 

PAOLINO: Signore. (A Leonardo.)

LEONARDO: Cosa c'è?

PAOLINO: Un messo, spedito a posta da Livorno, ha portato per lei questa lettera di premura.

LEONARDO: Vediamo che cosa è. Date qui. (S'alza, e apre la lettera.) È il signor Fulgenzio che scrive. (Verso Filippo.)

FILIPPO: Sì, il nostro amicone. Che cosa dice?

LEONARDO: Cospetto! Una novità che mi mette in agitazione. Sentite cosa mi scrive. Amico carissimo. Vi scrivo in fretta, e vi spedisco un uomo a posta per avvisarvi che vostro zio Bernardino per un male di petto in tre giorni si è ridotto agli estremi, e i medici gli danno poche ore di vita. Ha mandato a chiamare il notaro, onde pensate a' casi vostri, perché si tratta del vostro stato, ed io vi consiglio venire immediatamente a Livorno.

FILIPPO: Per bacco! Vi consiglio anch'io che non vi tratteniate un momento. Si dice che sarà padrone di cinquanta e più mille scudi.

VITTORIA: Sì, certo, subito, subito. E ci vengo anch'io.

LEONARDO: Mi dispiace dover abbandonare la compagnia.

VITTORIA: A buon conto il signor Guglielmo verrà con noi.

GUGLIELMO: (Tutto si combina per mio malanno).

GIACINTA: (Sì, sarà bene per me. Mi sento rodere, mi sento crepare Ma una volta s'ha da finire).

LEONARDO: Paolino, andate subito alla posta, e ordinate quattro cavalli, e fate preparare lo sterzo, che si anderà a Livorno con quello. Siamo in quattro, il signor Guglielmo, mia sorella, io e voi. Non ci è bisogno di far bauli.

PAOLINO: Sarà servita.

BRIGIDA: (Paolino).

PAOLINO: (Figliuola mia).

BRIGIDA: (Andate via?)

PAOLINO: (Sì, ma tornerò a pigliar la roba).

BRIGIDA: (Per amor del cielo, non vi scordate di me).

PAOLINO: (Non c'è pericolo. Vi do parola). (Parte.)

BRIGIDA: (Povera me! Sul più bello mi tocca a provare questo disgusto). (Parte.)

FILIPPO: Quando siete a Livorno, scrivete subito. Se tornate, vi aspettiamo qui. Quando no, verremo presto anche noi. (A Leonardo.)

VITTORIA: Non perdiamo tempo. Signora Giacinta, compatisca l'incomodo. Mi conservi la sua buona grazia, e a buon riverirla a Livorno.

GIACINTA: Sì, vita mia, a buon rivederci. (Si baciano.)

GUGLIELMO: (Mi tremano le gambe, mi manca il fiato).

LEONARDO: E non volete aspettare che si sottoscriva il contratto? (A Vittoria.)

VITTORIA: Ma sì, s'ha da sottoscrivere. Ehi! signor Ferdinando, ha finito? (Forte alla scena.)


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