Carlo Goldoni
L'avventuriere onorato

ATTO SECONDO

SCENA QUINDICESIMA

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SCENA QUINDICESIMA

 

Strada colla casa di donna Livia.

Il conte di Brano, poi Guglielmo che esce di casa di donna Livia.

 

CO. BRA. Donna Livia è una bella donna, è una ricca vedova; e non ci sarà in Palermo chi vaglia a contrastarmi l’acquisto di una sposa piena di merito e di fortuna. Guglielmo, scacciato per ora da don Filiberto, sarà esiliato dalla città.

GUGL. (Esce di casa di donna Livia melanconico)

CO. BRA. (Come! Colui in casa di donna Livia?) (da sé)

GUGL. (Ci vuol coraggio; qualche cosa sarà. Eleonora è venuta in tempo per rovinarmi. Pazienza. L’attenderò qui in istrada per ringraziarla). (da sé)

CO. BRA. (Temerario!) (guardando bruscamente Guglielmo, nel mentre che gli passa vicino)

GUGL. Servitor umilissimo. (al Conte)

CO. BRA. Con qual coraggio siete tornato voi in quella casa?

GUGL. Un galantuomo può andar per tutto.

CO. BRA. Voi non siete un galantuomo.

GUGL. Non lo sono? Con qual fondamento può dirlo, padron mio?

CO. BRA. Se avete avuto l’ardire di passar per medico e non lo siete, vi manifestate per un impostore.

GUGL. Se non sono medico di attual professione, posso esserlo quando voglio, perché ho cognizione, ho abilità, ho teorica, ho pratica per far tutto quello che fanno gli altri.

CO. BRA. Siete un gabbamondo.

GUGL. Mi maraviglio di voi, sono un uomo d’onore.

CO. BRA. E se anderete in quella casa, giuro al cielo, vi farò romper le braccia.

GUGL. Ora lo capisco. Sono un impostore, un gabbamondo, perché vo in casa di donna Livia. Signor Conte, ella parla assai male.

CO. BRA. Giuro al cielo, così si dice a un mio pari?

GUGL. Vi venero, vi rispetto, ma non mi lascio calpestar da nessuno.

CO. BRA. Vi calpesterò io co’ miei piedi. (alterato, con agitazione)

GUGL. La cosa sarà un pochetto difficile. (Or ora gli vengono i flati ipocondriaci). (da sé)

CO. BRA. Se non temessi avvilir la mia spada, vorrei privarti di vita.

GUGL. S’ella si proverà d’avvilire la di lei spada nel mio sangue, io cercherò di nobilitar la mia nel suo petto.

CO. BRA. Ove sono i miei servitori? (guardando per la scena)

GUGL. Ha bisogno di nulla? Son qui, la servirò io. (ironico)

. BRA. Voglio farti romper le braccia.

GUGL. Se ne avessi quattro, potrei servirla di due. (come sopra)

CO. BRA. Temerario! ancor mi deridi? Ti bastonerò.

GUGL. Mi bastonerà? S’ella mi tratterà da villano col bastonarmi, io la tratterò da cavaliere, l’ammazzerò.

CO. BRA. (Oimè! Sento che la bile mi affoga; il mio decoro non vuole che con costui mi cimenti. Mi sento ardere, mi sento crepare). (da sé, va smaniando per la scena)

GUGL. Signor Conte, si fermi, si quieti; ella può cascar morto.

CO. BRA. Io? cascar morto? Oimè! come?

GUGL. Sì signore; lo conosco agli occhi, al color della faccia. Ascolti un medico che ragiona, non un impostore che parla. La di lei collera è prodotta da un irritamento, che fa la bile nel finimento dell’intestino duodeno e nel principio dell’intestino digiuno, ove bollono i sughi viziosi, onde si stimola eccedentemente il piloro al moto preternaturale e confuso, da che provengono gravissimi sintomi ai precordii. Nel tempo medesimo passa il sugo bilioso per i canali pancreatici e colidochi, e si stempra e si corrompe la massa del sangue, e fra la convulsione prodotta nella diramazione dei nervi, e fra la corruzione che si forma nel sangue, scorrendo questo con troppa espansione per le vene anguste del cerebro, si produce l’apoplessia, la macchina non resiste, e si rimane sul colpo.

CO. BRA. Oimè! Voi mi avete atterrito. Mi palpita il cuore. Parmi aver delle convulsioni.

GUGL. Favorisca il polso.

CO. BRA. Eccolo. (Guglielmo gli tasta il polso)

GUGL. È sintomatico e convulsivo: ma niente; non tema di nulla, son qua io per lei. È necessario temprar questo fermento acre e maligno, conviene rallentare il moto agli umori con delle bibite acidule, e corroborare il ventricolo con qualche elixir appropriato. Vada subito alla spezieria, si faccia far delle bibite di qualche cosa di teiforme, si faccia dare una confezione, o un antidoto, o un elettuario. Anzi si faccia dare una presa di elettuario del Fracastoro, che è il più attivo e il più pronto per regolare gli umori tumultuanti e scorretti.

CO. BRA. Addio; vi ringrazio, vado subito. Le gambe mi tremano. Mi manca il respiro. Chi sa se arriverò a tempo alla spezieria, prima di cadere. (parte)

 

 

 


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