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Berto con una borsa, poi il paggio di donna Livia che esce di casa.
BER. Oh bellissima! In casa si muor di fame, la mia padrona ha queste venti doppie, e invece di servirsene, le manda a donna Livia. Mi pare una pazzia questa. Supponiamo che gliele abbia da rendere. Si potrebbe ciò fare un po’ per volta, ma mangiare almeno.
PAGG. Questa mia padrona è curiosa. Manda via il signor maestro, e poi lo fa ricercare, e vuole che torni.
BER. Addio, giovanotto.
BER. È ella in casa la vostra padrona?
PAGG. Sì, è in casa. Sono due ore che non fa altro che ciarlare con una forestiera.
BER. Bisognerebbe che io le parlassi.
PAGG. Che cosa volete da lei?
BER. Se sapeste! Ho proprio la saetta.
PAGG. Con chi l’avete voi?
BER. La mia padrona manda alla vostra queste venti doppie; e scommetto che domani non vi è da far bollire la pentola.
PAGG. Può essere che la mia padrona gliele abbia prestate.
BER. E per questo, c’era bisogno di rendergliele tutte in una volta? Io so che il padrone è rifinito, e io sono tre mesi che non tiro il salario.
PAGG. Certo che la mia padrona non ne ha bisogno. Affè di mio, ha monetacce che spaventano.
BER. Quasi quasi mi verrebbe voglia di far una di quelle cose che non ho mai fatto.
PAGG. Eh! se l’è qualche cosa ch’io vi possa aiutare, facciamola.
BER. Queste doppie... propriamente mi dice il cuore: donna Livia non ne ha bisogno.
BER. Lasciar di dargliele dunque.
BER. Paggino, facciamo una cosa? Dividiamole metà per uno.
PAGG. Per me ci sto.
BER. E poi?...
BER. Eh! con dieci doppie in tasca, chi mi piglia è bravo. Andiamo. Dieci per uno. (vuol aprire la borsa)