Carlo Goldoni
L'avvocato veneziano

ATTO PRIMO

SCENA QUARTA

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SCENA QUARTA

 

Camera di conversazione in casa di Beatrice, con tavolini da giuoco, sedie, lumi e carte: le quali cose, mal disposte, vengono poste in ordine da Colombina e Arlecchino.

 

Colombina e Arlecchino

 

COL. Animo, spicciamoci; s’appressa l’ora della conversazione.

ARL. A mi no m’importa de l’ora della conversazion, me preme quella della cena.

COL. Tu non pensi che a mangiare, ed a me tocca quasi sempre far quello che dovresti far tu.

ARL. Cara Colombina, son omo da poderte refar; se ti ti te sfadighi la mia parte, mi magnerò la toa.

COL. Orsù, ora non è tempo di barzellette. Bisogna mettere in ordine questi tavolini e queste sedie, e preparare le carte, perché, come sai, questa sera vi sarà conversazione.

ARL. Alla conversazion cossa fai delle carte?

COL. Oh bella! giuocano, e giuocano di grosso. Sono tutti amici quelli che vengono in questa casa, ma vorrebbero potersi spogliare l’uno con l’altro.

ARL. La saria bella che i spoiasse la padrona, e che la restasse in camisa.

COL. Oh, non vi è pericolo; la padrona non perde mai. O per fortuna, o per convenienza, o per complimento, se vince, tira, se perde, non paga.

ARL. In sta maniera vorria zogar anca mi.

COL. Ma questo privilegio è solo per le donne. Gli uomini perdono a rotta di collo. Ne ho veduti parecchi in questa casa rovinarsi. Vengono a conversazione, e vi trovano la malora; vengono allegri, e partono disperati.

ARL. Ho sentì anca mi qualche volta a bestemmiar...

COL. Ecco la padrona. Presto le sedie. (s’affrettano nell’accomodar quanto occorre)

 

 

 


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