Carlo Goldoni
La bancarotta, o sia il mercante fallito

ATTO SECONDO

SCENA UNDICESIMA

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SCENA UNDICESIMA

 

Pantalone, poi Clarice

 

PANT. Voggio farghela veder a sto sior conte. Sior sì, un abito de ganzo per farghe despetto. E che l'impara a donar la roba soa, e no la roba dei altri. Nol xe un piccolo affronto quello che per causa mia ghe fa sta donna, a scoverzer le so magagne e mandar la so roba dove el l'ha tolta senza pagarla. Questo xe segno che la me vol ben, che la fa stima de mi.

CLAR. Posso far di più per il signor Pantalone?

PANT. Giusto adesso pensava tra de mi, che certo ve son obligà e che no so per vu cossa che no farave.

CLAR. Che mi dite ora sul proposito dei trenta zecchini?

PANT. Che ve li dono e che no ghe ne parlemo mai più.

CLAR. Se li volete, son pronta a restituirveli.

PANT. No v'incomodè, no ve travaggiè, che no i voggio.

CLAR. Aveva fatto un pegno per ritrovarli.

PANT. Poverazza! gradisso el vostro bon cuor. Avereu speso gnente per el pegno che avè fatto?

CLAR. A chi mi ha fatto il piacere, bisognerà ch'io doni almeno un zecchino.

PANT. No vôi che ghe remettè del vostro per causa mia. Tolè el zecchin e recuperè la vostra roba. (le uno zecchino)

CLAR. Grazie al signor Pantalone. (Anche questo è buono. Non era così pazza io d'impegnar per lui la mia roba) (da sé)

PANT. Me basta che me voggiè ben, e sora tutto che ve desfè intieramente de sto sior conte, che no merita d'esser praticà da una donna della vostra sorte.

CLAR. Mi dispiace una sola cosa.

PANT. Cossa ve despiase?

CLAR. Che questa sera mi ha invitata a una festa di ballo e ad una cena ancora, ed io gli ho dato la parola d'andarvi.

PANT. Se trova una scusa, e no se ghe va.

CLAR. È vero, lo potrei fare e lo farei volentieri, ma ho preso impegno di condurvi due signore del mio paese coi loro amici e parenti, e mi dispiace di dover fare una cattiva figura.

PANT. Anca co sti signori se trova un pretesto.

CLAR. Non saprei qual pretesto ideare. Questa è una cosa che mi mortifica .

PANT. Cara fia, me despiase anca mi. Ma da sior conte no gh'avè d'andar.

CLAR. Per farmi comparir bene coi miei patrioti, non potrebbe supplire il signor Pantalone? Delle feste e delle cene me ne ha date ancora; non mi potrebbe favorir questa sera?

PANT. Lo faria volentiera. Ma adesso gh'ho i mii riguardi.

CLAR. Che sia vero quel che hanno detto?

PANT. Cossa ali dito?

CLAR. Che il signor Pantalone non comanda più, non maneggia più, non è padrone di spendere, né di cavarsi una soddisfazione?

PANT. No xe vero gnente. Son patron mi, comando mi, posso spender a modo mio, e che sia la verità, stassera gh'averè la cena e la festa da ballo.

CLAR. Davvero, vi sarò tanto obbligata, e avrò piacere per voi, acciò si smentiscano le lingue dei maldicenti.

PANT. Son quel che giera e sarò sempre a vostra disposizion. Ghe xe stà in casa un poco de borrasca, ma ho buttà l'àncora a fondi e me son defeso.

 

 

 


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