Carlo Goldoni
La bancarotta, o sia il mercante fallito

ATTO SECONDO

SCENA DODICESIMA

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SCENA DODICESIMA

 

Il Servitore di Clarice e detti.

 

SERV. Son qui colla risposta.

CLAR. Dov'è la roba? (al servitore)

SERV. Io non ho altra roba che questo pezzo di carta.

PANT. No i v'ha delle pezze de ganzo? No xe vegnù con vu nissun de bottega?

SERV. Non c'è nessuno con me, e il ganzo non l'ho veduto.

PANT. Mio fio ghe gerelo?

SERV. Questa polizza l'ha scritta egli stesso.

PANT. Cossa diselo? (vuol aprire)

CLAR. A me, a me; voglio leggerla io. (prende la carta)

 

Carissimo signor padre.

 

Delle pezze di ganzo che vi erano, la più bella l'ha voluta per sé la vostra signora consorte. Le altre le ho poste in salvo, perché non periscano, e penso di barattarle. Ho venduto le peruviane e quella ancora che avete mandato, ricuperata dalle mani del Conte.

 

PANT. (Stago fresco da galantomo). (da sé)

CLAR. Ecco il bell'abito che mi farà il signor Pantalone. Già il cuore me lo diceva; ho perduto quello che aveva, ed ora sono senza dell'uno e senza dell'altro.

PANT. Mia muggier s'ha tolto una pezza de ganzo? La me ne renderà conto. Farò che la lo metta fora, e ve lo manderò avanti sera.

CLAR. No, no, non voglio entrare in impegno con vostra moglie. Ciò potrebbe farmi perdere la riputazione presso di lei e presso del mondo. Pazienza! Farò di meno, e imparerò in avvenire a fidarmi poco delle promesse degli uomini.

PANT. Vu me mortifichè senza rason.

CLAR. Non ho ragione di lamentarmi? Che dirà il signor conte? Come potrò giustificarmi con lui della mala azione che per causa vostra gli ho fatto?

PANT. Ghe remedieremo.

CLAR. Eh, non vi è altro rimedio che dirgli che voi mi avete sedotta...

PANT. Cussì me volè trattar?

CLAR. Compatitemi, è grande la passione di aver perduto un vestito, in tempo che ne ho di bisogno.

PANT. No son capace de farvene un altro?

CLAR. Non so di che cosa siate capace. Vedo ora il bel frutto delle vostre lusinghe.

PANT. L'oggio fatto fursi per lusingarve?

CLAR. Se diceste davvero, non mi avreste fatto perdere il certo per l'incerto.

PANT. Son un galantomo, patrona.

CLAR. Alle si conosce la verità.

PANT. Alle prove? Tolè, siora, ve farò veder chi son. Tolè, questi xe cinquanta zecchini; feve un abito de ganzo, e comprevelo da chi volè. (getta sul tavolino una borsa)

CLAR. Basteranno cinquanta zecchini?

PANT. Se no i basterà, supplirò per el resto. A dosso no ghe n'ho altri. Voleu che me despoggia in camisa?

CLAR. No, il mio caro signor Pantalone, vi sono tanto obbligata. Vedo l'amore, la bontà che avete per me. Vi ho sempre conosciuto per il re de' galantuomini. Non farei un dspiacere a voi per trattare un altro, s'ei mi volesse indorare da capo a piedi. Tratterò il signor conte com'egli merita. Non isperi egli d'avermi al suo festino. Voglio venire al vostro, che sarà bello, che sarà magnifico, e che mi sarà tanto più caro, perché mi viene offerto dal bel cuore del mio amatissimo signor Pantalone.

PANT. Volè anca el festin?

CLAR. Sì, certo, e anche la cena. Non me l'avete promesso? Un galantuomo come voi, non manca alla sua parola.

PANT. No occorre altro. Faremo tutto. (Ghe son, e bisoga starghe).

CLAR. Ma non vi è tempo da perdere, se volete far le cose con buona maniera. Conviene che andiate a dare gli ordini per questa sera.

PANT. Aspettè, xe a bonora. Lasseme gòder un poco la vostra compagnia.

CLAR. No, se mi volete bene, non perdete tempo. Mi preme che riesca la cosa con pulizia; andate subito ad ordinare quel che bisogna.

PANT. E ho d'andar subito?

CLAR. Via, non mi fate andar in collera.

PANT. Vago, vago. Par che me scazzè via.

CLAR. Questa sera ci divertiremo.

PANT. Stassera se devertiremo. Sarè avvisada del logo. Invidè vu chi volè, che mi no invido nessun. Arecordeve, sora tutto, che sior conte nol voggio.

CLAR. Il signor conte non lo pratico più.

PANT. Brava, a revederse stassera. Voggieme ben, tendè al sodo, no v'indubitè gnente. Fin che gh'averò bezzi, i sarà tutti a vostra disposizion. (parte)

CLAR. Va subito dal signor conte Silvio, digli che venga qui, che mi preme. (al servitore) (Non voglio perdere né l'uno, né l'altro). (parte)

SERV. La mia padrona ha giudizio. È una cacciatrice che tende le reti ai fagiani, alle starne, ai passeri ed ai merlotti. (parte)

 

 

 


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