Carlo Goldoni
Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

ATTO PRIMO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Bertoldino solo.

 

 

Ora son imbrogliato;

Vorrei andar, e non vorrei andare;

Partir vorrei... ma poi vorrei restare;

S'io vado innanzi al re, cosa farò?

Ei mi farà paura, io tremerò.

Ma se qui resto a far i fatti miei,

Senza di me cosa farà colei?

La mano in mia presenza

Gli dié senza licenza,

E parlare sarebbe una increanza...

Qualche più bella usanza

In Corte vi sarà su tal proposito.

Ma s'io vado... e se vedo... e se mi scotta.

Farò quel che da tanti a far io sento:

Soffrirò, tacerò per complimento.

 

Sento, oimè, che il mio cervello

Già mi sbalza in qua e in ;

Io non vedo che mi faccia,

Che mi dico, e dove sto.

Il mio core poverello

Pare un ferro già infocato;

Tra l'incudine e il martello

È battuto e martellato,

E riposo più non ha.

Tuppe tu, ta, ta, pa, ta.

S'ha da dir per sto contorno,

Che Menghina se ne va?

Ma perché? fammi capace,

Bertoldino non ti piace?

E pur ella se n'andrà.

Ma c'è quest'altro imbarazzo,

Che s'io parlo, sembro un pazzo,

dirà tutta la gente:

«Villanaccio, ben ti sta». (parte)

 

 

 


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