Carlo Goldoni
La bottega da caffè

PARTE SECONDA

SCENA SESTA   Zanetto e Dorilla

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SCENA SESTA

 

Zanetto e Dorilla

 

DOR.

(Temo di qualche imbroglio).

ZAN.

(Gran drettoni

Certo che xe costori!

Mi però son più furbo assae de lori.

Ma no vôi buttar via stora preziosa).

Cara siora Dorilla,

Me sento drento el petto

Un terribile ardor che me tormenta.

No la me sia crudel; via, la me daga

Un poco de conforto alla mia piaga.

DOR.

Signor, lei troppo presto

Ad un recente mal cerca il rimedio;

Certo vussignoria

L’arte di ben amar non sa qual sia.

ZAN.

Se la lizion xe presta,

La me la insegna adesso.

DOR.

Ascolti, è questa.

 

Un amante costante e fedele

Pianger deve, soffrire e penare;

S’è la donna tiranna e crudele,

Deve sempre servire e pregare,

Né mai chieder sfacciato così.

Nella scuola d’amor non precede

Ad un lungo servir la mercede;

Sol premiato è chi fido servì.

 

ZAN.

Questa, la me perdona,

In quanto a mi, xe una lizion minchiona.

Ò sofferto, ò servio tanto che basta;

No ghe xe più remedio,

Pazientar più no posso,

Me par d’aver cento demoni adosso.

DOR.

La sua bestialità mi rende noia.

Colle donne civili

Non si deve parlar in guisa tal.

ZAN.

Mi no so de civil o criminal.

Qua semo soli, e vogio...

Maledetta fortuna, ecco un imbrogio.

 

 

 


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