Carlo Goldoni
Il bugiardo

ATTO SECONDO

Scena Terza. Rosaura svenuta sopra una sedia; poi Colombina, poi Florindo, e poi il Dottore

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Scena Terza. Rosaura svenuta sopra una sedia; poi Colombina, poi Florindo, e poi il Dottore

 

Camera di Rosaura con sedie.

 

COL. Ecco qui, poverina! non è ancor rinvenuta; e sua sorella non la soccorre, non ci pensa; vorrebbe che ella morisse. Queste due sorelle non si amano, non si possono vedere.

FLOR. Dove sono? Io non ci vedo.

COL. Come non ci vedete, se siamo in una camera così chiara? Guardate la povera signora Rosaura svenuta.

FLOR. Ohimè! non posso più. Colombina, andate a prendere quel che bisogna per cavarle sangue.

COL. Vado subito. Per l'amor del cielo, non l'abbandonate. (parte, e poi ritorna)

FLOR. Son solo, nessuno mi vede, posso toccar quella bella mano. Sì, cara, ti tasterò il polso. Quanto è bella, benché svenuta! (le tocca il polso) Ahimè, ch'io muojo. (cade svenuto in terra, o sopra una sedia vicina)

COL. (portando il cerino e qualche altra cosa per il sangue) Oh bella! Il medico fa compagnia all'ammalata.

DOTT. Son qui, son qui; non è ancor rinvenuta?

COL. Osservate. Il signor Florindo è venuto meno ancor esso per conversazione.

DOTT. Oh diavolo! Che cos'è quest'istoria? Presto, bisogna dargli soccorso. Piglia questo spirito e bagna sotto il naso Rosaura, ch'io assisterò questo ragazzo.

COL. (bagnandola collo spirito) Ecco, ecco, la padrona si muove.

DOTT. Anche Florindo si desta. Vanno di concerto.

ROS. Ohimè! Dove sono?

DOTT. Via, figlia mia, fatti animo, non è niente.

FLOR. (s'alza, vede il Dottore, e si vergogna) (Povero me! Che mai ho fatto?)

DOTT. Che cosa è stato, Florindo? Che avete avuto?

FLOR. Signore... non lo so nemmen'io... Con vostra buona licenza. (parte confuso)

DOTT. Se ho da dire la verità, mi sembra un pazzerello.

COL. Animo, signora padrona, allegramente.

ROS. Ah signor padre, per carità...

DOTT. Figlia mia, non ti affligger più. Sono stato assicurato non esser vero ciò che mi è stato detto di te. Voglio credere che sia una calunnia, un'invenzione. Verremo in chiaro della verità.

ROS. Ma, caro signor padre, chi mai vi ha dato ad intendere falsità così enormi, così pregiudichevoli alla nostra riputazione?

DOTT. È stato il signor Ottavio.

ROS. Con qual fondamento ha egli potuto dirlo?

DOTT. Non lo . Lo ha detto e s'impegna di sostenerlo.

ROS. Lo sostenga, se può. Signor padre, si tratta dell'onor vostro, si tratta dell'onor mio: non vi gettate dietro le spalle una cosa di tanto rimarco.

DOTT. Sì, lo ritroverò e me ne farò render conto.

COL. Aspettate. Anderò io a ritrovarlo. Io lo condurrò in casa e, cospetto di bacco, lo faremo disdire.

DOTT. Va, e se lo trovi, digli che io gli voglio parlare.

COL. Or ora lo conduco qui a suo dispetto. (parte)

 

 


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