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ROS. Gran dolore mi avete fatto provare!
DOTT. Orsù via, medicheremo il dolore sofferto con una nuova allegrezza. Sappi, Rosaura, che io ti ho fatta sposa.
ROS. A chi mai mi avete voi destinata?
DOTT. Al figlio del signor Pantalone.
ROS. Deh, se mi amate, dispensatemi per ora da queste nozze.
DOTT. Dimmi il perché, e può essere che ti contenti.
ROS. Una figlia obbediente e rispettosa non deve celar cos'alcuna al suo genitore. Sappiate, signore, che un cavalier forestiere, di gran sangue e di grandi fortune, mi desidera per consorte.
DOTT. Dunque è vero che vi è il forestiere, e sarà vero della serenata e della cena.
ROS. È vero che un forestiere mi ama, e che mi ha fatta una serenata; ma mi ha parlato una sol volta sotto del terrazzino, e mi fulmini il cielo s'egli ha posto piede mai in questa casa.
DOTT. È un signor grande, e ti vuole per moglie?
ROS. Così almeno mi fa sperare.
DOTT. Guarda bene che egli non sia qualche impostore.
ROS. Oggi si darà a conoscere a voi. Voi aprirete gli occhi per me.
DOTT. Senti, figlia mia, quando il cielo ti avesse destinata questa fortuna non sarei sì pazzo a levartela. Con Pantalone ho qualche impegno, ma solamente di parole: non mancheranno pretesti per liberarmene.
ROS. Basta dire ch'io non lo voglio.
DOTT. Veramente non basterebbe, perché son io quello che comanda: ma troveremo una miglior ragione. Dimmi, come si chiama questo cavaliere?
ROS. Il marchese Asdrubale di Castel d'Oro.
DOTT. Capperi! figlia mia, un marchese?