Carlo Goldoni
Il buon compatriotto

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Ridolfo e detti.

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SCENA SESTA

 

Ridolfo e detti.

 

RID. (Che genti sono queste?) (da sé, indietro)

ROS. Zitto, che vien zente. (a Traccagnino)

TRACC. (Tutto sì ma servitor no)

RID. (Oh stelle!) (con ammirazione vedendo Rosina)

ROS. (Cossa védio!) (con ammirazione vedendo Ridolfo)

TRACC. Cossa xe stà? (osservando li due)

RID. Voi qui, Rosina?

ROS. Son qua, patron.

TRACC. (A suo modo) L'è che me despiase che ghe son anca mi.

RID. Godo infinitamente di rivedervi.

ROS. Anca mi dasseno gh'ho gusto d'averlo trovà.

RID. Chi è quel giovane ch'è con voi?

ROS. Sto zovene? El xe un mio fradello.

TRACC. (Si contenta che gli dica fratello)

RID. Siete venuta a Venezia per qualche affare?

ROS. Sior sì, son venua a Venezia per un affar d'importanza.

RID. Se posso impiegarmi per voi, comandatemi liberamente.

ROS. Manco cerimonie, sior Ridolfo carissimo; che se elo xe cortesan, gnanca mi no son una pampaluga. Bergamo no xe lontan centomile mia da Venezia, e no xe un secolo che s'avemo visto. M'intèndela, patron, quel che voggio dir?

RID. Sì, cara la mia Rosina, capisco tutto. Conoscete voi la signora Costanza? La padrona di questa casa?

ROS. Se la cognosso? No vorlo? Son qua alozada anca mi.

RID. (Maladetta la mia disgrazia!) Quel giovine, siete più stato in Venezia? (a Traccagnino)

TRACC. (Risponde di no)

RID. Come vi piace questa gran città?

TRACC. (Che non gli piace, perché ha sempre paura di cascar in canale)

RID. Oh che apprensione ridicola! (ridendo)

ROS. La parla con mi, patron: che intenzion gh'ala? Mi son vegnua a Venezia per elo.

RID. Aspettate, aspettate un momento. Mi piace infinitamente questo vostro fratello. (Ma non son persuaso che le sia fratello).

ROS. (Che el parla pur col fradello, el sentirà adessadesso quel che saverà dir la sorella).

RID. Che nome avete, quel giovane? (a Traccagnino)

TRACC. (Dice chiamarsi Traccagnin Batocchio)

RID. Batocchio! Avete nome Batocchio?

TRACC. (Che ha nome Traccagnino, e che Batocchio è il cognome)

RID. Signora Rosina, come va cotest'imbroglio? Voi vi chiamate di cognome Argentini, ed ei si chiama Batocchio?

ROS. Sior sì, semo de casa Arzentini, e a mio fradello i ghe dise de soranome Batocchio.

TRACC. (Dice non esser vero, che ella si chiama Argentini, e lui Batocchio, e che tant'e tanto sono fratelli, perché la sua arma è un batocchio d'argento)

RID. Ho capito benissimo. Son persuaso della ragione. Signora Argentini, signor Batocchio, signori fratelli, mi consolo seco loro infinitamente.

TRACC. (Fa i suoi complimenti esibendosi ecc.)

ROS. Sior Ridolfo, discorremo un pochetto de quel che preme.

RID. Che cosa avete da comandarmi?

ROS. S'arecórdelo cossa ch'el m'ha promesso?

RID. Siete anche voi bergamasco? (a Traccagnino)

TRACC. (Dice di sì, e che se ne gloria, e che se ne vanta)

ROS. Orsù, se el fa el sordo, me farò sentir. (forte)

RID. No, gioia mia, non fate. Ho per voi lo stesso amore, la medesima tenerezza. Ho un piacere estremo di rivedervi e di potervi dare più certe prove dell'amor mio. Ma per amor del cielo, non ci facciamo scorgere in questa casa. Ci va dell'onor mio, e molto più ancora del vostro. Stiamoci chetamente già che ci siamo, e che nessuno se n'accorga della nostra buona corrispondenza. Politica, gioia mia, politica. Zitto, signor Batocchio; fidatevi di me, e non temete. (Se mi danno tempo, le mando tutte del pari).

ROS. No vorave che sior Ridolfo...

RID. Zitto.

TRACC. (Zitto).

RID. Viene la signora Costanza.

ROS. Se el credesse che la buttessimo in barzelletta...

RID. Zitto.

TRACC. (Zitto). (arrabbiandosi)

 

 

 


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