Carlo Goldoni
Il buon compatriotto

ATTO SECONDO

SCENA SEDICESIMA   Pantalone, Dottore, Leandro e la suddetta.

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SCENA SEDICESIMA

 

Pantalone, Dottore, Leandro e la suddetta.

 

PANT. Oh fia mia, semo qua. Questo xe sior Dottor Balanzoni che ti cognossi, e questo xe sior Leandro so fio.

DOTT. (Fa il suo complimento a Isabella, e le presenta il figlio, come a lei destinato in consorte)

ISAB. Mi sorprendono, signore, le vostre finezze, perché ora mi giungono inaspettate. Scusatemi se non vi rispondo come dovrei. (Non so nemmeno quel che mi dica).

PANT. (La gh'ha del spirito, ma cussì all'improvviso la se vergogna un pochetto). (al Dottore)

DOTT. (Dice a suo figlio che faccia il suo dovere colla sposa)

LEAN. Signora, la riverisco divotamente. (freddamente)

ISAB. Serva umilissima. (sostenuta)

LEAN. (Mi sta nel cuor la Contessa).

ISAB. (Non mi so scordar di Ridolfo).

DOTT. (A Leandro: che le dica qualche cosa di buona grazia)

LEAN. Che dice ella di questo freddo? (a Isabella)

ISAB. (Scioccherie!) (da sé)

PANT. (Via, respóndighe con bona maniera). (a Isabella)

ISAB. Ha fatto buon viaggio?

LEAN. Buonissimo. (In grazia della mia Contessina).

ISAB. (Poteva far a meno di venir qui a tormentarmi).

PANT. Cossa gh'astu? Gh'astu mal?

ISAB. Sì signore, mi duole il capo.

DOTT. (A Leandro: che le dica qualche cosa per divertirla)

ISAB. No signore; non s'incomodi, che sarebbe tutto gettato.

PANT. Poverazza. Ghe dol la testa. (al Dottore)

LEAN. Sarà bene che le leviamo l'incomodo.

ISAB. Veramente avrei bisogno di riposare.

DOTT. (A Isabella: che suo figlio ha studiata la medicina, e potrà farla guarire)

ISAB. Potrebbe anche darsi che mi facesse star peggio.

LEAN. In fatti, quando le medicine non sono simpatiche, fanno più mal che bene.

ISAB. Ella parla prudentemente.

LEAN. Credo per altro di aver conosciuto il suo male.

ISAB. Quand'è così, saprà qual possa essere il mio rimedio.

LEAN. Lo so benissimo, e desiderando ch'ella risani, sarà bene ch'io vada.

DOTT. (Se vuol andar a scrivere qualche ricetta)

PANT. Se el vol scriver, ghe darò carta, penna e calamar.

ISAB. No no, signor padre, tra lui e me ci siamo intesi che basta.

LEAN. Ci siamo intesi perfettamente.

PANT. Gh'ho gusto da galantomo; co l'è cussì, sior Dottor, l'anderà d'accordo.

DOTT. (Che suo figlio ha del , della penetrazione)

LEAN. Andiamo, signor padre. Servitore umilissimo di lor signori.

PANT. Sior zenero, a bon reverirla.

ISAB. Serva sua divotissima.

LEAN. (Ella si risana s'io parto; ed io mi ristoro se posso rivedere la mia Contessa). (da sé, e parte)

DOTT. (A Pantalone, se è contento)

PANT. Contentissimo.

DOTT. (Anche lui, e parte)

PANT. E ti, xestu contenta? (a Isabella)

ISAB. Sì signore. Non posso essere più contenta di quel ch'io sono. (parte)

PANT. E anca mi me sento in giubilo dall'allegrezza.

(parte)

 

 

 


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