Carlo Goldoni
Il buon compatriotto

ATTO TERZO

SCENA DICIANNOVESIMA   Dottore conducendo Leandro, Pantalone conducendo Isabella e Brighella

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SCENA DICIANNOVESIMA

 

Dottore conducendo Leandro, Pantalone conducendo Isabella e Brighella

 

PANT. Via, sior Leandro xe qua: se ti gh'ha delle rason in contrario, dile liberamente, e sarò mi el primo a farte giustizia.

DOTT. (A Leandro, che parli pure liberamente, che non intende di volerlo maritare per forza)

LEAN. Io mi riporto a quello dirà la signora Isabella.

ISAB. Starò in attenzione di quello saprà dire il signor Leandro.

LEAN. Signora, in quanto a me mi chiamerei fortunato se fossi degno dell'amor vostro.

ISAB. Sarei troppo ingrata, se mi abusassi della vostra bontà.

LEAN. Mio padre mi fa sperare il dono della vostra mano.

ISAB. Ed io obbedisco di buona voglia al mio genitore, offerendovi la mano ed il cuore.

LEAN. Temo non esser degno di tanta grazia, perciò vi chiedo umilmente una sicura testimonianza. (Dottore e Pantalone: loro maraviglie mute)

ISAB. Che poss'io fare per assicurarvi dell'amor mio?

LEAN. Accettare la destra ch'or vi offerisco.

ISAB. Sono prontissima ad aggradire l'offerta. (si danno la mano, e vorrebbero lasciarla)

PANT. Fermève . Diseu dasseno? (fa che si tenghino la mano)

ISAB. Io non ischerzo, signore.

DOTT. (A Leandro, se dica anche lui davvero)

LEAN. Mi pare che così non si burli.

PANT. Bravi, sposève.

DOTT. (Gli fa coraggio)

LEAN. La signora Isabella è mia moglie.

ISAB. Il signor Leandro è mio marito.

(Dottore e Pantalone si consolano, Brighella anche lui)

 

 

 


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