Carlo Goldoni
Amor contadino

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA   Vasta campagna arativa, sparsa di vari fasci di grano mietuto. In lontano colline deliziose, ingombrate d'alberi e vigneti, con caduta d'acque, che formano un vago rivo, sopra il quale si vedono degli alberghi villerecci.   Timone, Ghitta, Lena, Ciappo, Fignolo, tutti distesi al suolo dormendo, appoggiati ai fasci di grano. Villani e Villanelle sparsi per le colline.

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Vasta campagna arativa, sparsa di vari fasci di grano mietuto. In lontano colline deliziose, ingombrate d'alberi e vigneti, con caduta d'acque, che formano un vago rivo, sopra il quale si vedono degli alberghi villerecci.

 

Timone, Ghitta, Lena, Ciappo, Fignolo, tutti distesi al suolo dormendo, appoggiati ai fasci di grano. Villani e Villanelle sparsi per le colline.

 

TIM.

Oh dolcissimo ristoro (svegliandosi)

Delle membra affaticate!

S'è dormito, ed al lavoro

Tempo è ormai di ritornar.

Su, svegliatevi.

Su, rialzatevi.

Ritornate a faticar.

CIA.

Dal bollor d'estivi ardori (svegliandosi)

 

Mi conforta il riposar;

Ed amor co' suoi martori

Non mi viene ad insultar.

Presto, presto, - son qui lesto

A far quel che si ha da far.

FIGN.

Oh che sonno saporito! (svegliandosi)

Che piacevole dormir!

Or mi par che l'appetito

S'incominci a far sentir.

Ragazzine, - su, carine,

Che il lavor s'ha da finir.

LENA

Ah, sparito è il mio bel sogno! (svegliandosi)

Ho perduto il mio piacer.

Vorrei dirlo, e mi vergogno;

No, nessun l'ha da saper.

Son destata, - sono alzata,

Vengo a fare il mio dover.

GHI.

Ah, dormir non ho potuto, (svegliandosi)

Ché mi balza in seno il cor.

No, lasciar non mi ha voluto

Riposare il dio d'amor.

Chi mi chiama? - Chi mi brama?

Son qui pronta al mio lavor.

 

 

TUTTI

 

 

Dai sudori e dallo stento

Bella cosa è il riposar;

Ma chi il cuor non ha contento,

Pace mai non può sperar.

Bel diletto - quando il petto

Non si sente a tormentar!

 

TIM.

Su, figliuoli, d'accordo

Del gran mietuto a collocare i fasci

Ite all'aia vicin. Poi ciascheduno

A qualche altra faccenda

La mano impieghi, e di buon cor vi attenda.

Va tu, Ciappo, alla macchia

A provvedere il focolar di legna.

Tu, Fignolo, t'ingegna

Col tuo fucil per la campagna amena

Di grasse quaglie a provveder la cena.

E voi, figliuole mie, per la famiglia

Fate quel che convien. Tu, Lena, un piatto

Preparaci di gnocchi;

Va tu, Ghitta, a raccor pera e finocchi.

LENA

Subito, padre mio. (vuol prendere un fascio di grano)

CIA.

Eh, t'aiuterò io. (vuol sollevar egli il fascio da terra)

LENA

Va via di qua.

(lo scaccia, il fascio e se lo mette in spalla)

(Egli è il mio caro ben, ma non lo sa). (da sé)

GHI.

Ciappo a tutte è cortese,

Fuori che a me.

CIA.

Fignolo è a te vicino,

Ti può meglio servir.

FIGN.

Sì, volentieri.

(Ma di mal cuore, a dir il ver, lo faccio).

Tenga, signora mia. (prende il fascio e glielo in spalla)

GHI.

Brutto cosaccio. (lo prende con dispetto)

FIG.

(La Lena è più gentil). (prende anch'esso il suo fascio)

CIA.

(Lena vezzosa,

Guardami un pocolin). (piano)

LENA

(Lasciami stare).

CIA.

(Pazienza). (prende il suo fascio)

LENA

(Il mio Ciappin fa innamorare). (da sé)

TIM.

Via, spicciatevi, e poi

Anch'io sarò con voi. Gli altri lavori

Pria visitar mi preme.

Sparito il sol, ci troveremo insieme.

LENA

E mangieremo i gnocchi.

GHI.

Le pera ed i finocchi.

FIG.

E in allegria noi passerem la sera.

CIA.

(Ma il mio povero cor pace non spera). (da sé)

 

 

TUTTI

 

 

Dai sudori e dallo stento

Bella cosa è il riposar;

Ma chi il cuor non ha contento,

Pace mai non può sperar.

Bel diletto - quando il petto

Non si sente a tormentar!

(partono tutti, eccetto che Timone)

 

 

 


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