Carlo Goldoni
La burla retrocessa nel contraccambio

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Gottardo ed il suddetto.

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SCENA QUINTA

 

Gottardo ed il suddetto.

 

GOTT. Mio compare è venuto a prendermi, e vuol che io vada con lui.

AGAP. Così presto?

GOTT. Sono quindici ore sonate. Egli suol pranzar di buon'ora. Abbiamo qualche cosa da fare insieme.

AGAP. Quindici ore? Non sono ancora quattordici.

GOTT. Oh v'ingannate, le quindici le ho sentite sonare.

AGAP. No certamente. Vedrete ora la bocca della verità. (cerca l'orologio)

GOTT. Avete comprato un orologio?

AGAP. Sì, un orologio d'oro. (cercandolo con ansietà)

GOTT. Bravo, così fa chi può.

AGAP. Non lo trovo; che l'avessi perduto! no, no, ora mi sovviene, l'ho lasciato attaccato al letto. Capperi! mi dispiacerebbe perdere un orologio d'oro che mi costa ventiquattro zecchini.

GOTT. Oh, andate a prenderlo, andate subito, che qualcheduno non lo portasse via.

AGAP. Eh, non c'è pericolo. In casa mia non c'è nessuno. Io non ho né serva, né servitore. Non ho altro che una donna, che viene la mattina a farmi il letto e a spazzarmi la camera: quando esco, porto via le chiavi, e non ho paura d'esser rubato.

GOTT. Ma non importa, andate a prendere il vostro orologio; poiché un uomo come voi, un sensale della vostra sorte, scomparirebbe in piazza senza l'orologio al fianco. (con ironia)

AGAP. Povero signor Gottardo! voi vi burlate di chi spende, perché non avete cuore di spendere.

GOTT. No, no: dico davvero. Potreste non averlo lasciato in casa: non istate con quest'inquietudine, andate.

AGAP. Sì veramente, sono un poco inquieto. Anderò. Ma come fare, se la mia chiave è su quel tavolino? (da sé)

GOTT. Mio compare mi aspetta.

AGAP. Un momento. (Se sapessi come fare a prenderla!) (si prova, ma non può)

GOTT. Salutatemi il signor Pandolfo, e ditegli...

AGAP. Sì, sì, ho capito. Voi avete un'altra porta da quella parte.

GOTT. Sì, una picciola porta, che riferisce sulla stradella.

AGAP. Andiamo per di dunque, che abbrevierò il cammino. (fa vedere che spererebbe d'aver la sua chiave)

GOTT. No, perché si passa per la cantina.

AGAP. Cosa importa? Mi par di sentir qualcheduno.

GOTT. Sarà mio compare. Caro amico, scusatemi, sono aspettato. (si volta per vedere; intanto Agapito tenta di prender la , ma Gottardo ritorna a lui, e non gli il tempo)

AGAP. Non possiamo andare insieme?

GOTT. Perdonatemi. Questa è la porta di casa. (accennando la porta che si vede) Mio compare non vuol vedere nessuno.

AGAP. Sarà selvatico come voi.

GOTT. Sì, è vero. (quasi spingendolo)

AGAP. Avete una maniera veramente gentile! (ironico)

GOTT. Compatitemi. (come sopra)

AGAP. (Non importa. Tornerò a prendere la mia chiave). (da sé) Signor Gottardo, servitor suo.

GOTT. La riverisco.

AGAP. (Va, che se posso, ti voglio ben corbellare). (da sé, parte)

 

 

 


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