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Pietro Metastasio
Achille in Sciro

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SCENA SETTIMA

 

Reggia.

 

Licomede, Achille, Teagene, con numeroso corteggio.

 

ACH.

Né di risposta ancora

Licomede mi degna?

TEAG.

È troppo ormai,

Gran re, lungo il silenzio. I prieghi miei,

Le richieste d'Achille

Soddisfa al fin. Che ti sospende? È forse

La che a me donasti? Ah! non son io

Tanto incognito a me, che oppormi ardisca

A sì grande imeneo. So quanto il mondo

Debba quindi aspettar; veggo che in Cielo

Si preparò: tante vicende insieme

Non tesse mai senza mistero il Fato.

Che sdegnar ti potria? L'amor? Ma quando

Fu colpa in cor gentile

Un innocente amor? L'inganno? È Teti

La rea: già fu punita. Ella in tal guisa

Celare ad ogni ciglio

Il figlio volle, e fe' palese il figlio.

Oh, come al nodo illustre

La terra esulterà, che mai non vide

Tanto valor, tanta bellezza e tante

Virtudi unir! Qual di tai sposi il Cielo

Cura non prenderà, se ne deriva

L'uno e l'altro egualmente! E quai nipoti

Attenderne dovrai, se tutti eroi

Furon gli avi d'Achille e gli avi tuoi!

ACH.

(Chi mai sperato avrebbe

In Teagene il mio sostegno!)

LIC.

Achille,

grande questo nome

Suona nell'alma mia, che usurpa il loco

A tutt'altro pensier. Che dir poss'io

Dell'imeneo richiesto? Il generoso

Teagene l'applaude, il Ciel lo vuole,

Tu lo domandi: io lo consento. Ammiro

strani eventi; e, rispettoso, in loro

Del consiglio immortal gli ordini adoro.

ACH.

Ah, Licomede!... Ah, Teagene!... Andate

La mia sposa, il mio bene,

Custodi, ad affrettar. (a Teagene) Principe, oh quanto,

Quanto ti deggio mai! Padre, signore,

Come a sì caro dono

Grato potrò mostrarmi?

LIC.

A Licomede

L'esser padre a tal figlio è gran mercede.

 

Or che mio figlio sei,

Sfido il destin nemico;

Sento degli anni miei

Il peso alleggerir.

Così chi a tronco antico

Florido ramo innesta,

Nella natia foresta

Lo vede rifiorir.

 

 

 




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