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Pietro Metastasio
Zenobia

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SCENA SETTIMA

 

Zopiro con seguaci, indi Zenobia

 

ZOP.

Oh che illustre vittoria! I miei nemici

Per me combatteranno, ed io tranquillo

Zenobia acquisterò. Miei fidi, udite: (escono i suoi seguaci)

Voi la valle de’ mirti

Andate a circondar. Colà verranno

E Tiridate e Radamisto. Ascosi,

Lasciateli pugnar; ma, quando oppresso

Cada un di loro, il vincitor già stanco

Resti da voi trafitto. Andate, e meco

Qualcun rimanga. (partono i seguaci, a riserva di pochi) A Tiridate or deggio

Il messaggio inviar. Ma i miei non sono

Atti a tal opra: ei scoprirebbe... È meglio

Che una ninfa o un pastor... Ma non è quella

Che giunge... Oh fausti dèi! Vedete, amici:

Quella è Zenobia; io la consegno a voi.

Con forza o con inganno, allor ch’io parto,

Conducetela a me. Più non avrei

Or che bramar, se fosse mio quel core,

O se potessi almeno

Saper chi mel contende. Ambo i rivali

Morranno, è ver; ma l’odio mio fra loro

Determinar non posso, e l’odio incerto

Scema il piacer della vendetta. Io voglio

Scoprir l’arcano. Una menzogna ho in mente,

Che l’istessa Zenobia a dirmi il vero

Costringerà.

ZEN.

Che veggo!

Tu in Armenia, o Zopiro!

ZOP.

Ah! principessa,

Giungi opportuna: un tuo consiglio io bramo,

Anzi un comando tuo. D’affar si tratta,

Che interessa il tuo cor.

ZEN.

Del mio consorte

Or vado in traccia.

ZOP.

Il perderlo dipende

O il trovarlo da te.

ZEN.

Che!

ZOP.

Senti. Io deggio

Inevitabilmente o a Radamisto

Dar morte o a Tiridate.

ZEN.

Ah!...

ZOP.

Taci. Il primo

Già da’ miei fidi è custodito; e l’altro

Da un finto messo, a nome tuo, con questa

Gemma per segno, ove l’insidia è tesa,

Tratto sarà.

ZEN.

Donde in tua man...

ZOP.

Finisci

Pria d’ascoltar. Qual di lor voglio, io posso

Uccidere o salvar. L’arbitrio mio

Dal tuo dipenderà. Tu l’uno amasti,

Sei sposa all’altro. In vece mia risolvi:

Qual vuoi condanna, e qual ti piace assolvi.

ZEN.

Dunque... Misera me! Qual empio cenno!

Per qual ragion? Chi ti costringe...

ZOP.

È troppo

Lungo il racconto e scarso il tempo: assai

Ne perdei, te cercando. Apri il tuo core,

E lasciami partir.

ZEN.

Numi! e tu prendi

scellerato impiego ed inumano?

ZOP.

Il comando è sovrano, e a me la vita

Costeria trasgredito.

ZEN.

E qual castigo,

Qual premio o quale autorità può mai

Render giusta una colpa?

ZOP.

Addio. Non venni

Teco a garrir. Nella proposta scelta

Vedesti il mio rispetto. A mio talento

Risolverò. (finge voler partire)

ZEN.

Ferma!

ZOP.

Che brami?

ZEN.

Io... Pensa...

(Assistetemi, o dèi!)

ZOP.

T’intendo: io deggio

Prevenir le tue brame

Senza che parli: è privilegio antico

Già delle belle. Il so: tu Radamisto

Hai ragion d’aborrir. Gl’impeti suoi,

Le ingiuste gelosie, l’empia ferita

Note mi son. Basta così. Fra poco

Vendicata sarai. (in atto di partire)

ZEN.

Perfido! e credi

malvagia Zenobia? un sì perverso

Disegno in me?...

ZOP.

Non ti sdegnar: l’errore

Nacque dal tuo silenzio. (ai seguaci) Olà! guidate

La principessa al suo consorte... Io volo

Tiridate a svenar. (in atto di partire)

ZEN.

Sentimi. (O numi,

La mia virtù voi riducete a prove

Troppo crudeli! Io di mia bocca, io stessa

Condannar Tiridate! E che mi fece

Quell’anima fedel? come poss’io...)

ZOP.

Dubiti ancor?

ZEN.

No, non è dubbio il mio:

So chi deggio salvar; ma di sua vita

M’inorridisce il prezzo.

ZOP.

A me non lice

Più rimaner: decidi, o parto.

ZEN.

Aspetta

Solo un istante. Ah! tu potresti...

ZOP.

Il tempo

Perdiamo inutilmente. O l’uno o l’altro

Deve perir.

ZEN.

Dunque perisca... (oh Dio!)

Dunque salvami...

ZOP.

Chi?

ZEN.

Salvami entrambi,

Se pur vuoi ch’io ti debba il mio riposo;

E, se entrambi non puoi, salva il mio sposo.

ZOP.

(Ah! Radamisto adora). E vuoi la morte

D’un sì fido amatore?

ZEN.

Salva il mio sposo, e non mi dir chi muore.

ZOP.

Salvo tu vuoi lo sposo?

Salvo lo sposo avrai:

Lascia del tuo riposo,

Lascia la cura a me.

I dubbi tuoi perdono:

Tutto il mio cor non sai.

Ti spiegherà chi sono

Quel ch’io farò per te. (parte)

 

 

 




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