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Pietro Metastasio
Zenobia

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SCENA SESTA

 

Tiridate e poi Mitrane

 

TIR.

Non intendo Zenobia, e non intendo

Ormai quasi me stesso. Ella mi scaccia.

E perché non vuol dirmi. Offeso io sono,

E con lei non mi sdegno, e non ardisco

Di crederla infedel. Suona in que’ labbri,

In quelle ciglia un non so che risplende,

Che rigetta ogni accusa e lei difende.

MIT.

Signor, liete novelle: è Radamisto

Tuo prigionier.

TIR.

Dove il giungesti?

MIT.

Ei venne

Per se stesso a’ tuoi lacci.

TIR.

E come?

MIT.

Appresso

A un guerrier fuggitivo entrò l’audace

Fin dentro alle tue tende. Incontro a mille

In vano opposte spade,

Dell’orrenda ira sua cercò l’oggetto:

Lo vide, il giunse e gli trafisse il petto.

TIR.

Che ardir!

MIT.

Tutto non dissi. Uscir dal vallo

Sperò di nuovo, e l’intraprese, e forse

Conseguito l’avria; ma rotto il ferro

L’abbandonò nel maggior uopo. E pure,

Benché d’armati e d’armi

Cresca contro di lui l’infesta piena,

Egli è solo ed inerme, e cede appena.

TIR.

Un di que’ due, che or ora

Qui rimirai, l’empio sarà.

 

 

 




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