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Pietro Metastasio
Adriano in Siria

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ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA

 

Gran piazza d’Antiochia magnificamente adorna di trofei militari, composti d’insegne, armi ed altre spoglie de’ barbari superati. Trono imperiale da un lato. Ponte sul fiume Oronte, che divide la città suddetta.

 

Di qua dal fiume Adriano, sollevato sopra gli scudi da’ soldati romani, Aquilio, guardie e popolo. Di dal fiume Farnaspe ed Osroa con séguito di Parti, che conducono varie fiere ed altri doni da presentare ad Adriano

 

CORO DI SOLDATI ROMANI

 

Vivi a noi, vivi all’impero,

Grande Augusto, e la tua fronte

Su l’Oronte prigioniero

S’accostumi al sacro allòr.

Della patria e delle squadre

Ecco il duce ed ecco il padre,

In cui fida il mondo intero,

In cui spera il nostro amor.

Palme il Gange a lui prepari,

E d’Augusto il nome impari

Dell’incognito emisfero

Il remoto abitator.

 

(Nel tempo che si canta il coro, scende Adriano, e sciogliendosi quella connessione d’armi, che serviva a sostenerlo, que’ soldati, che la componevano, prendono ordinatamente sito fra gli altri)

 

 

AQUI.

Chiede il parto Farnaspe

Di presentarsi a te. (ad Adriano)

ADRI.

Venga e s’ascolti.

(Aquilio parte. Adriano sale sul trono e parla in piedi)

Valorosi compagni,

Voi m’offrite un impero

Non men col vostro sangue

Che col mio sostenuto, e non so come

Abbia a raccoglier tutto

De’ comuni sudori io solo il frutto.

Ma, se al vostro desio

Contrastar non poss’io, farò che almeno

Nel grado a me commesso

Mi trovi ognun di voi sempre l’istesso.

A me non servirete:

Alla gloria di Roma, al vostro onore,

Alla pubblica speme,

Come fin or, noi serviremo insieme. (siede)

 

CORO

Vivi a noi, vivi all’impero,

Grande Augusto, e la tua fronte

Su l’Oronte prigioniero

S’accostumi al sacro allòr.

(Nel tempo che si ripete il coro, passano il ponte Farnaspe ed Osroa sconosciuto, con tutto il séguito de’ Parti. Sono preceduti da Aquilio, che li conduce)

FARN.

Nel che Roma adora

Il suo Cesare in te, dal ciglio augusto,

Da cui di tanti regni

Il destino dipende, un guardo volgi

Al principe Farnaspe. Ei fu nemico;

Ora al cesareo piede

L’ire depone, e giura ossequio e fede.

OSR.

Tanta viltà, Farnaspe,

Necessaria non è. (piano a Farnaspe)

ADRI.

Madre comune

D’ogni popolo è Roma, e nel suo grembo

Accoglie ognun che brama

Farsi parte di lei. Gli amici onora,

Perdona a’ vinti, e con virtù sublime

Gli oppressi esalta ed i superbi opprime.

OSR.

(Che insoffribile orgoglio!)

FARN.

Un atto usato

Della virtù romana

Vengo a chiederti anch’io. Del re de’ Parti

Geme fra’ vostri lacci

Prigioniera la figlia.

ADRI.

E ben?

FARN.

Disciogli,

Signor, le sue catene.

ADRI.

(Oh dèi!)

FARN.

Rasciuga

Della sua patria il pianto: a me la rendi,

E quanto io reco in guiderdon ti prendi.

ADRI.

Prence, in Asia io guerreggio,

Non cambio o merco; ed Adrian non vende,

Su lo stil delle barbare nazioni,

La libertade altrui.

FARN.

Dunque la doni.

OSR.

(Che dirà?)

ADRI.

Venga il padre:

La serbo a lui.

FARN.

Dopo il fatal conflitto,

In cui tutti per Roma

Combatterono i numi, è ignota a noi

Del nostro re la sorte. O in altre rive

Va sconosciuto errando, o più non vive.

ADRI.

Fin che d’Osroa palese

Il destino non sia, cura di lei

Noi prenderem.

FARN.

Giacché a tal segno è Augusto

Dell’onor suo geloso,

Questa cura di lei lasci al suo sposo.

ADRI.

Come! È sposa Emirena?

FARN.

Altro non manca

Che il sacro rito.

ADRI.

(Oh Dio!)

Ma lo sposo dov’è?

FARN.

Signor, son io.

ADRI.

Tu stesso! Ed ella t’ama?

FARN.

Ah, fummo amanti

Pria di saperlo, ed apprendemmo insieme

Quasi nel tempo istesso

A vivere e ad amar. Crebbe la fiamma

Col senno e con l’età. Dell’alme nostre

Si fece un’alma sola

In due spoglie divisa. Io non bramai

Che la bella Emirena; ella non brama

Che ’l suo prence fedel. Ma, quando meco

Esser doveva in dolce nodo unita,

Signor, che crudeltà! mi fu rapita.

ADRI.

(Che barbaro tormento!)

FARN.

Ah, tu nel volto,

Signor, turbato sei: forse t’offende

La debolezza mia. Di Roma i figli

So che nascono eroi;

So che colpa è fra voi qualunque affetto

Che di gloria non sia. Tanta virtude

Da me pretendi in vano:

Cesare, io nacqui parto e non romano.

ADRI.

(Oh rimprovero acerbo! Ah! si cominci

Su’ propri affetti a esercitar l’impero).

Prence, della sua sorte

La bella prigioniera arbitra sia.

Vieni a lei. S’ella siegue,

Come credi, ad amarti,

Allor... (dicasi al fin) prendila e parti. (scende)

 

Dal labbro, che t’accende

Di così dolce ardor,

La sorte tua dipende.

(E la mia sorte ancor).

Mi spiace il tuo tormento;

Ne sono a parte, e sento

Che del tuo cor la pena

È pena del mio cor. (parte Adriano seguìto da tutte le guardie e da’ soldati romani)

 

 

 




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