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Pietro Metastasio
Adriano in Siria

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SCENA ULTIMA

 

Emirena, Farnaspe e detti.

 

EMIR.

Ah, Cesare, pietà!

FARN.

Pietà, signore!

EMIR.

Rendimi il padre mio.

FARN.

Conservami il mio re.

EMIR.

Rendilo; e poi

Eccomi tua, se vuoi.

ADRI.

Che?

FARN.

Sì: ti cedo

L’impero di quel cor.

ADRI.

Tu?

EMIR.

Sì: sarai

Tu il nume mio. Per quel sereno, il giuro,

Raggio del ciel che nel tuo volto adoro,

Per quel sudato alloro

Che porti al crin, per questa invitta mano,

Ch’è sostegno del mondo,

Ch’io bacio... (s’inginocchia)

ADRI.

Ah! sorgi: ah! taci. (È donna o dea?

Quando m’innamorò, così piangea).

SAB.

(Qual contrasto in quel petto

Fan l’onore e l’affetto!)

ADRI.

(Se alla ragione io cedo,

Perdo Emirena; e se all’amor mi fido,

La mia Sabina uccido. Ah, qual cimento,

Quale angustia crudele!)

SAB.

(E pur mi fa pietà, benché infedele).

EMIR.

Cesare, e non risolvi?

SAB.

Augusto, al fine...

ADRI.

Ah! per pietà non tormentarmi. Io tutto

Quanto dir mi potrai,

Tutto, Sabina, io so.

SAB.

No, non lo sai:

Odi. Troppo fatali

Son le nostre ferite. Uno di noi

Dee morirne d’affanno: io, se ti perdo;

Tu, se perdi Emirena. Ah! non sia vero

Che, per salvar d’inutil donna i giorni,

Perisca un tale eroe. Serbati, o caro,

Alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,

Se non a me. D’ogni dover ti sciolgo,

Ti perdono ogni offesa;

Ed io stessa sarò la tua difesa.

ADRI.

Come! (stupido)

SAB.

Cesare, addio. (in atto di partire)

ADRI.

(arrestandola)

Fermati. Oh grande!

Oh generosa! oh degna

Di mille imperi! Ah, quale eccesso è questo

D’inudita virtù! Tutti volete

Dunque farmi arrossir? Fedel vassallo,

Tu la sposa mi cedi (a Farnaspe)

A favor del tuo re! Figlia pietosa,

Sacrifichi te stessa (ad Emirena)

Tu per il padre tuo! Tradita amante, (a Sabina)

Non pensi tu che al mio riposo! Ed io,

Io sol fra tanti forti

Il debole sarò? Né mi nascondo

Per vergogna a’ viventi? E siedo in trono?

E do leggi alla terra? Ah no. Facciamo

Tutti felici. Al re de’ Parti io dono

E regno e libertà; rendo a Farnaspe

La sua bella Emirena: Aquilio assolvo

D’ogni fallo commesso;

E a te, degno di te, rendo me stesso. (a Sabina)

FARN.

Oh contento improvviso!

SAB.

Ecco il vero Adriano: or lo ravviso.

EMIR.

Fin ch’io respiri, Augusto,

Grata quest’alma a’ benefizi tuoi...

ADRI.

Se grata esser mi vuoi, lasciami ormai

La pace del mio cor. Poco è sicura,

Fin che appresso mi sei. Subito parti,

Io te ne priego. Ecco il tuo sposo: il padre

Colà ritroverai. Lieti vivete;

E tutti tre spargete

Questi deliri miei d’eterno oblio.

EMIR.

Almen, signor... (volendogli baciar la mano)

ADRI.

(non soffrendolo)

Basta, Emirena. Addio.

 

CORO

S’oda, Augusto, infin su l’etra

Il tuo nome ognor così;

E da noi con bianca pietra

Sia segnato il fausto .

 

 

 




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