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Pietro Metastasio
Antigono

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Parte solitaria de’ giardini interni degli appartamenti reali.

 

Berenice, Ismene

 

ISM.

No; tutto, o Berenice,

Tu non apri il tuo cor: da più profonde

Recondite sorgenti

Derivano i tuoi pianti.

BEREN.

E ti par poco

Quel che sai de’ miei casi? Al letto, al trono

Del padre tuo vengo d’Egitto: appena

Questa reggia m’accoglie, ecco geloso

Per me del figlio il genitore; a mille

Sospetti esposta io senza colpa, e senza

Delitto il prence ecco in esiglio. E questo

De’ miei mali è il minor. Sente Alessandro

Che, a lui negata, in moglie

Antigono m’ottiene; è, amante offeso,

Giovane e re, l’armi d’Epiro aduna,

La Macedonia inonda, e al gran rivale

Vien regno e sposa a contrastar. S’affretta

Antigono al riparo, e m’abbandona

Sul compir gl’imenei. Sola io rimango,

moglie, né regina,

In terreno stranier, tremando aspetto

D’Antigono il destin; penso che privo

D’un valoroso figlio

Ne’ cimenti è per me; mi veggo intorno

Di domestiche fiamme e pellegrine

Questa reggia avvampar; so che di tanti

Incendi io son la sventurata face;

E non basta? e tu cerchi

Altre cagioni al mio dolor?

ISM.

Son degni

Questi sensi di te; ma il duol, che nasce

Sol di ragion, mai non eccede, e sempre

Il tranquillo carattere conserva

Dell’origine sua. Quelle, onde un’alma

Troppo agitar si sente,

Son tempeste del cor, non della mente.

BEREN.

Come! d’affetti alla ragion nemici

Puoi credermi capace?

ISM.

Io non t’offendo,

Se temo in te ciò che in me provo. Anch’io

Odiar deggio Alessandro,

Nemico al padre, infido a me: vorrei,

Lo procuro, e non posso.

BEREN.

E ne’ tuoi casi

Qual parte aver degg’io?

ISM.

Come Alessandro il mio, Demetrio forse

Ha sorpreso il tuo cor.

BEREN.

Demetrio! Ah! donde

Sospettocrudel?

ISM.

Dal tuo frequente

Parlar di lui, dalla pietà che n’hai,

Dal saper che in Egitto

Ti vide, t’ammirò; ma, più che altronde,

Dagli sdegni del padre.

BEREN.

Ei non comincia

Oggi ad esser geloso.

ISM.

È ver, fu sempre

Questo misero affetto

D’un eroe così grande il sol difetto.

Ma è vero ancor che l’amor suo, la speme

Era Demetrio; e che or lo scacci a caso,

Credibile non è. Chi sa? Prudente

Di rado è amor: qualche furtivo sguardo,

Qualche incauto sospir, qualche improvviso

Mal celato rossor forse ha traditi

Del vostro cor gli arcani.

BEREN.

Un sì gran torto

Non farmi Ismene. Io, destinata al padre,

Sarei del figlio amante?

ISM.

Ha ben quel figlio

Onde sedur l’altrui virtù. Fin ora

In sì giovane età mai non si vide

Merito egual: da più gentil sembiante

Anima più sublime

Fin or non trasparì. Qualunque il vuoi,

Ammirabile ognor, principe, amico,

Cittadino, guerrier...

BEREN.

Taci: opportune

Le sue lodi or non son. De’ pregi io voglio

Sol del mio sposo ora occuparmi. A lui

Mi destinar gli dèi;

E miei sudditi son gli affetti miei.

 

ISM.

Di vantarsi ha ben ragione,

Del suo cor, de’ propri affetti

Che dispone a suo piacer.

Ma in amor gli alteri detti

Non son degni assai di fede:

Libertà colacci al piede

Vanta spesso il prigionier. (parte)

 

 

 




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