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Pietro Metastasio
Antigono

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SCENA QUARTA

 

Antigono, Berenice, e poi di nuovo Demetrio

 

BEREN.

(Povero prence!)

ANT.

Or perché taci? Or puoi

Spiegarti a tuo talento. I miei gelosi

Eccessivi trasporti

Perché non mi rinfacci? Ingrata! Un regno

Perder per te non curo: è gran compenso

La sola Berenice

D’ogni perdita mia; ma un figlio, oh dèi!

Ma un caro figlio, onde superbo e lieto

Ero a ragion, perché sedurmi, e farne

Un contumace, un disleal? Sì dolce

Spettacolo è per te dunque, crudele,

Il vedermi ondeggiar fra i vari affetti

Di padre e di rival?

BEREN.

Deh! ricomponi,

Signor, l’alma agitata. Io la mia destra

A te promisi, e a seguitarti all’ara

Son pronta, ove ti piaccia. Il figlio è degno,

Se mai lo fu, dell’amor tuo. Non venne

Che a salvarmi per te; né dove io sono

Mai più comparirà.

DEM.

(uscendo)

Padre!

ANT.

E ritorni

Di nuovo, audace?

DEM.

(affannato)

Uccidimi, se vuoi;

 

Ma salvati, signor. Nel porto è giunto

Trionfando Alessandro, e mille ha seco

Legni seguaci. I tuoi fedeli ha volto

Tutti in fuga il timor. Più difensori

Non ha la reggia o la città: se tardi,

Preda sarai del vincitor. Perdona

Se violai la legge: era il salvarti

Troppo sacro dover; ma sfortunato

A tal segno son io,

Che mi costa un delitto il dover mio. (torna a partire)

BEREN.

(Che nobil cor!)

ANT.

Se di seguir non sdegni

D’un misero il destin, da queste soglie

Trarti poss’io per via sicura.

BEREN.

È mia

La sorte del mio sposo.

ANT.

Ah! tu mi rendi

Fra’ disastri beato. Andiam... Ma Ismene

Lascio qui fra’ nemici? Ah! no: si cerchi...

Ma può l’indugio... (dubbioso)

(risoluto alle guardie) Io con la figlia, amici,

Vi seguirò: voi cauti al mar frattanto

Berenice guidate. Avversi dèi,

Placatevi un momento, almen per lei.

 

È la beltà del cielo

Un raggio che innamora,

E deve il fato ancora

Rispetto alla beltà.

Ah! se pietà negate

A due vezzosi lumi,

Chi avrà coraggio, o numi,

Per dimandar pietà? (parte)

 

 

 




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