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Pietro Metastasio
Antigono

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SCENA QUARTA

 

Alessandro e poi Demetrio nel primo suo abito.

 

ALESS.

Vedersi una vittoria (va a sedere)

Sveller di man, dell’adorato oggetto

I rifiuti ascoltar, d’un prigioniero

Soffrir gl’insulti, e non potere all’ira

Scioglier il fren, questa è un’angustia...

DEM.

(affannato e torbido)

Ah! dove...

 

Il re... dov’è?

ALESS.

Che vuoi?

DEM.

Voglio... Son io...

Rendimi il padre mio...

ALESS.

(Numi, che volto!

Che sguardi! che parlar!) Demetrio! e ardisci...

DEM.

Tutto ardisce, Alessandro,

Chi trema per un padre... Ah! la dimora

Saria fatal: sollecito mi porgi

L’impressa tua gemma real.

ALESS.

Ma questa

È preghiera o minaccia?

DEM.

È ciò che al padre

Esser util potrà.

ALESS.

Parti. Io perdono

A un cieco affetto il temerario eccesso.

DEM.

Non partirò, se pria...

ALESS.

Prence, rammenta

Con chi parli, ove sei.

DEM.

Pensa, Alessandro,

Ch’io perdo un genitor.

ALESS.

Quel folle ardire

Più mi stimola all’ire.

DEM.

Umil mi vuoi?

Eccomi a’ piedi tuoi. (s’inginocchia) Rendimi il padre,

E il mio nume tu sei. Suppliche o voti

Più non offro che a te: già il primo omaggio

Ecco nel pianto mio. Pietà per questa

Invitta mano, a cui del mondo intero

Auguro il fren; degli avi tuoi reali

Per le ceneri auguste,

Signor, pietà! Placa quel cor severo;

Rendi...

ALESS.

Lo speri in vano.

DEM.

(in atto feroce)

In van lo spero!

ALESS.

Sì. Antigono vogl’io

Vittima a’ miei furori.

DEM.

Ah! non l’avrai. Rendimi il padre o mori! (s’alza furioso: prende con la sinistra il destro braccio d’Alessandro in guisa ch’ei non possa scuotersi, e con la destra lo disarma)

ALESS.

Olà!

DEM.

Taci, o t’uccido. (presentandogli su gli occhi la spada che gli ha tolta)

ALESS.

E tu scordasti...

DEM.

Tutto, fuor ch’io son figlio. Il regio cerchio

Porgi: dov’è? Che tardi?

ALESS.

E speri, audace,

Ch’io pronto ad appagarti...

DEM.

Dunque mori! (in atto di ferire)

ALESS.

Ah, che fai! Prendilo e parti. (gli l’anello)

DEM.

Eumene! Eumene! (correndo verso la porta)

ALESS.

(attonito)

Ove son io?

DEM.

(ad un Macedone, che comparisce sulla porta del gabinetto)

T’affretta,

Corri, vola, compisci il gran disegno:

Antigono disciogli: eccoti il segno. ( l’anello al Macedone, che subito parte)

ALESS.

folgore ogni sguardo

Che balena in quel ciglio).

DEM.

(inquieto a parte)

(A sciorre il padre

 

Di propria man mi sprona il cor; m’affrena

Il timor che Alessandro

Turbi l’opra, se parto. In due vorrei

Dividermi in un punto).

ALESS.

(alzandosi da sedere)

Ancor ti resta

 

Altro forse a tentar? Perché non togli

Quell’orribil sembiante agli occhi miei?

DEM.

(Andrò? No: perderei

Il frutto dell’impresa). (senza udirlo)

ALESS.

Ah! l’insensato

Né pur m’ascolta. Altrove

Il passo io volgerò. (vuol partire)

DEM.

(opponendosi)

Ferma!

ALESS.

Son io

Dunque tuo prigionier?

DEM.

Da queste soglie

Vivi non uscirem, fin che sospesa

D’Antigono è la sorte.

ALESS.

(Ah! s’incontri una morte:

Questo è troppo soffrir). (con impeto) Libero il passo

Lasciami, traditore, o ch’io... Ma il Cielo

Soccorso al fin m’invia.

DEM.

(agitato)

Stelle, è Clearco!

 

Che fo? Se a lui m’oppongo,

Non ritengo Alessandro. Ah! fosse almeno

Il padre in libertà. (s’accosta ad Alessandro)

 

 

 




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