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Pietro Metastasio
Antigono

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SCENA NONA

 

Ismene  e detti.

 

ISM.

È tarda,

Padre, già la pietà: già più non vive

Il misero german.

ANT.

Che dici!

BEREN.

Io moro.

ISM.

Pallido su l’ingresso or l’incontrai

Del giardino reale. ‘Addio’ mi disse

‘Per sempre, Ismene. Un cor, dovuto al padre,

Scellerato io rapii; ma questo acciaro

Mi punirà’ Così dicendo, il ferro

Snudò, fuggì. Dove il giardin s’imbosca

Corse a compir l’atroce impresa; ed io

L’ultimo, oh Dio! funesto grido intesi,

accorrer vi potei:

Tanto oppresse il terrore i sensi miei.

ALESS.

Chi pianger non dovria!

ANT.

Dunque per colpa mia cadde trafitto

Un figlio, a cui degg’io

Quest’aure che respiro! un figlio, in cui

La prevalse al mio rigor tiranno!

Un figlio... Ah! che diranno

I posteri di te? Come potrai

L’idea del fallo tuo, gli altri e te stesso,

Antigono, soffrir? Mori: quel figlio

Col proprio sangue il tuo dover t’addita. (vuole uccidersi)

 

 

 




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