- DALLE « CANZONETTE »
- 1 - La primavera (Scritta in Roma l'anno 1719)
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DALLE «
CANZONETTE »
Già riede primavera
col suo fiorito
aspetto;
già il grato
zeffiretto
scherza fra l'erbe
e i fior.
Tornan le frondi
agli alberi,
l'erbette al prato
tornano;
sol non ritorna a
me
la pace del mio
cor.
Febo col puro
raggio
sui monti il gel
discioglie,
e quei le verdi
spoglie
veggonsi rivestir.
E il fiumicel, che
placido
fra le sue sponde
mormora,
fa col disciolto
umor
il margine fiorir.
L'orride querce
annose
su le pendici
alpine
già dal ramoso
crine
scuotono il tardo
gel.
A gara i campi
adornano
mille fioretti
tremuli,
non violati ancor
da vomere crudel.
Al caro antico nido
fin dall'egizie
arene
la rondinella
viene,
che ha valicato il
mar;
che, mentre il volo
accelera,
non vede il laccio
pendere,
e va del cacciator
l'insidie ad
incontrar.
L'amante pastorella
già più serena in
fronte
corre all'usata
fonte
a ricomporsi il
crin.
Escon le greggie ai
pascoli;
d'abbandonar
s'affrettano,
le arene il
pescator,
l'albergo il
pellegrin.
Fin quel nocchier
dolente,
che sul paterno
lido,
scherno del flutto
infido,
naufrago ritornò;
nel rivederlo
placido
lieto discioglie
l'ancore;
e rammentar non sa
l'orror che in lui
trovò.
E tu non curi
intanto,
Fille, di darmi
aìta;
come la mia ferita
colpa non sia di
te.
Ma, se ritorno
libero
gli antichi lacci a
sciogliere,
no che non
stringerò
più fra catene il
piè.
Del tuo bel nome
amato,
cinto del verde
alloro,
spesso le corde
d'oro
ho fatto risonar.
Or, se mi sei più
rigida,
vuo' che i miei
sdegni apprendano
del fido mio servir
gli oltraggi a
vendicar.
Ah no; ben mio,
perdona
questi sdegnosi
accenti;
che sono i miei
lamenti
segni d'un vero
amor.
S'è tuo piacer,
gradiscimi;
se così vuoi,
disprezzami;
o pietosa, o
crudel,
sei l'alma del mio
cor.
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