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Pietro Metastasio
Arie

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DALLE « CANZONETTE »

 

1 - La primavera (Scritta in Roma l'anno 1719)

 

Già riede primavera

col suo fiorito aspetto;

già il grato zeffiretto

scherza fra l'erbe e i fior.

Tornan le frondi agli alberi,

l'erbette al prato tornano;

sol non ritorna a me

la pace del mio cor.

 

Febo col puro raggio

sui monti il gel discioglie,

e quei le verdi spoglie

veggonsi rivestir.

E il fiumicel, che placido

fra le sue sponde mormora,

fa col disciolto umor

il margine fiorir.

 

L'orride querce annose

su le pendici alpine

già dal ramoso crine

scuotono il tardo gel.

A gara i campi adornano

mille fioretti tremuli,

non violati ancor

da vomere crudel.

 

Al caro antico nido

fin dall'egizie arene

la rondinella viene,

che ha valicato il mar;

che, mentre il volo accelera,

non vede il laccio pendere,

e va del cacciator

l'insidie ad incontrar.

 

L'amante pastorella

già più serena in fronte

corre all'usata fonte

a ricomporsi il crin.

Escon le greggie ai pascoli;

d'abbandonar s'affrettano,

le arene il pescator,

l'albergo il pellegrin.

 

Fin quel nocchier dolente,

che sul paterno lido,

scherno del flutto infido,

naufrago ritornò;

nel rivederlo placido

lieto discioglie l'ancore;

e rammentar non sa

l'orror che in lui trovò.

 

E tu non curi intanto,

Fille, di darmi aìta;

come la mia ferita

colpa non sia di te.

Ma, se ritorno libero

gli antichi lacci a sciogliere,

no che non stringerò

più fra catene il piè.

 

Del tuo bel nome amato,

cinto del verde alloro,

spesso le corde d'oro

ho fatto risonar.

Or, se mi sei più rigida,

vuo' che i miei sdegni apprendano

del fido mio servir

gli oltraggi a vendicar.

 

Ah no; ben mio, perdona

questi sdegnosi accenti;

che sono i miei lamenti

segni d'un vero amor.

S'è tuo piacer, gradiscimi;

se così vuoi, disprezzami;

o pietosa, o crudel,

sei l'alma del mio cor.

 

 




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