- DALLE « CANZONETTE »
- 2 - La libertà - A Nice (Scritta in Vienna l'anno 1733)
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Grazie agl'inganni
tuoi,
al fin respiro, o
Nice,
al fin d'un
infelice
ebber gli dei
pietà:
sento da' lacci
suoi,
sento che l'alma è
sciolta;
non sogno questa
volta,
non sogno libertà.
Mancò l'antico
ardore,
e son tranquillo a
segno,
che in me non trova
sdegno
per mascherarsi
amor.
Non cangio più
colore
quando il tuo nome
ascolto;
quando ti miro in
volto
più non mi batte il
cor.
Sogno, ma te non
miro
sempre ne' sogni
miei;
mi desto, e tu non
sei
il primo mio
pensier.
Lungi da te
m'aggiro
senza bramarti mai;
son teco, e non mi
fai
né pena, né piacer.
Di tua beltà
ragiono,
né intenerir mi
sento;
i torti miei
rammento,
e non mi so
sdegnar.
Confuso più non
sono
quando mi vieni
appresso;
col mio rivale
istesso
posso di te parlar.
Volgimi il guardo
altero,
parlami in volto
umano;
il tuo disprezzo è
vano,
è vano il tuo
favor;
che più l'usato
impero
quei labbri in me
non hanno;
quegli occhi più
non sanno
la via di questo
cor.
Quel, che or
m'alletta, o spiace.
se lieto o mesto or
sono,
già non è più tuo
dono,
già colpa tua non
è:
che senza te mi
piace
la selva, il colle,
il prato;
ogni soggiorno
ingrato
m'annoia ancor con
te.
Odi, s'io son
sincero;
ancor mi sembri
bella,
ma non mi sembri
quella,
che paragon non ha.
E (non t'offenda il
vero)
nel tuo leggiadro
aspetto
or vedo alcun
difetto,
che mi parea beltà.
Quando lo stral
spezzai,
(confesso il mio
rossore)
spezzar m'intesi il
core,
mi parve di morir.
Ma per uscir di
guai,
per non vedersi
oppresso,
per racquistar se
stesso
tutto si può
soffrir.
Nel visco, in cui s'avvenne
quell'augellin
talora,
lascia le penne
ancora,
ma torna in
libertà:
poi le perdute
penne
in pochi dì
rinnova,
cauto divien per
prova
né più tradir si
fa.
So che non credi
estinto
in me l'incendio
antico,
perché sì spesso il
dico,
perché tacer non
so:
quel naturale
istinto,
Nice, a parlar mi
sprona,
per cui ciascun
ragiona
de' rischi che
passò.
Dopo il crudel
cimento
narra i passati
sdegni,
di sue ferite i
segni
mostra il guerrier
così.
Mostra così
contento
schiavo, che uscì
di pena,
la barbara catena,
che strascinava un
dì.
Parlo, ma sol
parlando
me soddisfar
procuro;
parlo, ma nulla io
curo
che tu mi presti
fé:
parlo, ma non
dimando
se approvi i detti
miei,
né se tranquilla
sei
nel ragionar di me.
Io lascio
un'incostante;
tu perdi un cor sincero;
non so di noi
primiero
chi s'abbia a
consolar.
So che un sì fido
amante
non troverà più
Nice;
che un'altra
ingannatrice
è facile a trovar.
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