- DALLE « CANZONETTE »
- 3 - Palinodia - A Nice (Scritta in Vienna l'anno 1746)
Precedente - Successivo
Clicca qui per nascondere i link alle concordanze
Placa gli sdegni tuoi;
perdono, amata
Nice;
l'error d'un
infelice
è degno di pietà.
È ver, de' lacci
suoi
vantai che l'alma è
sciolta;
ma fu l'estrema
volta
ch'io vanti
libertà.
È ver, l'antico
ardore
celar pretesi a
segno
che mascherai lo
sdegno,
per non scoprir
l'amor:
ma cangi o no
colore,
se nominar
t'ascolto
ognun mi legge in
volto
come si sta nel
cor.
Pur desto ognor ti
miro,
non che ne' sogni
miei;
che ovunque tu non
sei
ti pinge il mio
pensier.
Tu, se con te
m'aggiro,
tu, se ti lascio
mai,
tu delirar mi fai
di pena o di
piacer.
Di te s'io non
ragiono,
infastidir mi
sento,
di nulla mi
rammento,
tutto mi fa
sdegnar.
A nominarti io sono
sì avvezzo a chi
m'appresso
che al mio rivale
istesso
soglio di te
parlar.
Da un sol tuo
sguardo altero,
da un sol tuo detto
umano
io mi difendo in
vano,
sia sprezzo o sia
favor.
Fuor che il tuo
dolce impero,
altro destin non
hanno,
che secondar non
sanno
i moti del mio cor.
Ogni piacer mi
spiace
se grato a te non
sono;
ciò, che non è tuo
dono,
contento mio non è.
Tutto con te mi
piace,
sia colle, o selva,
o prato;
tutto è soggiorno
ingrato
lungi, ben mio, da
te.
Or parlerò sincero:
non sol mi sembri
bella,
non sol mi sembri
quella,
che paragon non ha;
ma spesso, ingiusto
al vero,
condanno ogni altro
aspetto;
tutto mi par
difetto,
fuor che la tua
beltà.
Lo stral già non
spezzai;
che in van per mio
rossore
trarlo tentai dal
core,
e ne credei morir.
Ah, per uscir di
guai,
più me ne vidi
oppresso;
ah di tentar
l'istesso
più non potrei
soffrir.
Nel visco, in cui
s'avvenne
quell'augellin
talora,
scuote le penne
ancora
cercando libertà;
ma in agitar le
penne
gl'impacci suoi
rinnova;
più di fuggir fa
prova,
più prigionier si
fa.
No, ch'io non bramo
estinto
il caro incendio
antico;
quanto più spesso
il dico,
meno bramar lo so.
Sai che un loquace
istinto
gli amanti ai detti
sprona;
ma, fin che si
ragiona,
la fiamma non
passò.
Biasma nel rio
cimento
di Marte ognor gli
sdegni,
e ognor di Marte ai
segni
torna il guerrier
così.
Torna così contento
schiavo, che uscì
di pena,
per uso alla
catena,
che detestava un
dì.
Parlo, ma ognor
parlando
di te parlar
procuro;
ma nuovo amor non
curo,
non so cambiar di
fé:
parlo, ma poi
dimando
pietà dei detti
miei;
parlo, ma sol tu
sei
l'arbitra ognor di
me.
Un cor non incostante
,
un reo così sincero
ah l'amor tuo
primiero
ritorni a consolar.
Nel suo pentito
amante
almen la bella Nice
un'alma
ingannatrice
sa che non può
trovar.
Se mi dai di pace
un pegno,
se mi rendi, o
Nice, il cor,
quanto già cantai
di sdegno,
ricantar vogl'io
d'amor.
Precedente - Successivo
Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License