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Pietro Metastasio
Artaserse

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SCENA TERZA

 

Artabano, poi Artaserse e Megabise con guardie.

 

ARTAB.

Coraggio, o miei pensieri. Il primo passo

V’obbliga agli altri. Il trattener la mano

Su la metà del colpo

È un farsi reo senza sperarne il frutto.

Tutto si versi, tutto

Fino all’ultima stilla il regio sangue.

Né vi sgomenti un vano

Stimolo di virtù. Di lode indegno

Non è, come altri crede, un grande eccesso.

Contrastar con se stesso,

Resistere a’ rimorsi, in mezzo a tanti

Oggetti di timor serbarsi invitto,

Son virtù necessarie a un gran delitto.

Ecco il principe: all’arte!

Qual’insolite voci!

Qual tumulto!... Ah! signor, tu in questo luogo

Prima del ? Chi ti destò nel seno

Quell’ira che lampeggia in mezzo al pianto?

ARTAS.

Caro Artabano, oh quanto

Necessario mi sei! Consiglio, aiuto,

Vendetta, fedeltà.

ARTAB.

Principe, io tremo

Al confuso comando:

Spiegati meglio.

ARTAS.

Oh Dio!

Svenato il padre mio

Giace colà su le tradite piume.

ARTAB.

Come!

ARTAS.

Nol so. Di questa

Notte funesta infra i silenzi e l’ombre

Assicurò la colpa un’alma ingrata.

ARTAB.

Oh insana, oh scellerata

Sete di regno! E qual pietà, qual santo

Vincolo di natura è mai bastante

A frenar le tue furie?

ARTAS.

Amico, intendo:

È l’infedel germano,

È Dario il reo.

ARTAB.

Chi mai potea la reggia

Notturno penetrar? Chi avvicinarsi

Al talamo real? Gli antichi sdegni,

Il suo torbido genio avido tanto

Dello scettro paterno... Ah, ch’io prevedo

In periglio i tuoi giorni:

Guardati per pietà. Serve di grado

Un eccesso tal volta a un altro eccesso.

Vendica il padre tuo, salva te stesso.

ARTAS.

Ah! se v’è alcun che senta

Pietà d’un re trafitto,

Orror del gran delitto,

Amicizia per me, vada, punisca

Il parricida, il traditor.

ARTAB.

Custodi

Vi parla in Artaserse

Un prence, un figlio; e, se volete, in lui

Vi parla il vostro re. Compite il cenno:

Punite il reo. Son vostro duce; io stesso

Reggerò l’ire vostre, i vostri sdegni.

(Favorisce fortuna i miei disegni).

ARTAS.

Ferma! Ove corri? Ascolta.

Chi sa che la vendetta

Non turbi il genitor più che l’offesa?

Dario è figlio di Serse.

ARTAB.

Empio sarebbe

Un pietoso consiglio:

Chi uccise il genitor non è più figlio.

 

Su le sponde del torbido Lete,

Mentre aspetta riposo e vendetta

Freme l’ombra d’un padre e d’un re.

Fiera in volto la miro, l’ascolto,

Che t’addita l’aperta ferita

In quel seno che vita ti diè. (parte)

 

 

 




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