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Pietro Metastasio
Artaserse

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SCENA UNDICESIMA

 

Megabise, poi Arbace disarmato fra le guardie, e detti.

 

MEG.

Arbace è il reo.

ARTAS.

Come!

MEG.

Osserva il delitto in quel sembiante. (accennando Arbace, che esce confuso)

ARTAS.

L’amico!

ARTAB.

Il figlio!

SEM.

Il mio german!

MAN.

L’amante!

ARTAS.

In questa guisa, Arbace,

Mi torni innanzi? Ed hai potuto in mente

Tanta colpa nudrir?

ARB.

Sono innocente.

MAN.

(Volesse il Ciel!)

ARTAS.

Ma, se innocente sei,

Difenditi; dilegua

I sospetti, gl’indizi; e la ragione

Dell’innocenza tua sia manifesta.

ARB.

Io non son reo: la mia difesa è questa.

ARTAB.

(Seguitasse a tacer!)

MAN.

Pure i tuoi sdegni

Contro Serse?

ARB.

Eran giusti.

ARTAS.

La tua fuga?

ARB.

Fu vera.

MAN.

Il tuo silenzio?

ARB.

È necessario.

ARTAS.

Il tuo confuso aspetto?

ARB.

Lo merita il mio stato.

MAN.

E ’l ferro asperso

Di caldo sangue?

ARB.

Era in mia mano, è vero.

ARTAS.

E non sei delinquente?

MAN.

E l’uccisor non sei?

ARB.

Sono innocente.

ARTAS.

Ma l’apparenza, o Arbace,

T’accusa, ti condanna.

ARB.

Lo veggo anch’io: ma l’apparenza inganna.

ARTAS.

Tu non parli, o Semira?

SEM.

Io son confusa.

ARTAS.

Parli Artabano.

ARTAB.

Oh Dio!

Mi perdo anch’io nel meditar la scusa.

ARTAS.

Misero! che farò? Punire io deggio

Nell’amico più caro il più crudele

Orribile nemico. A che mostrarmi

Così gran fedeltà, barbaro Arbace?

Quei soavi costumi,

Quell’amor, quelle prove

D’incorrotta virtude, erano inganni

Dunque d’un’alma rea? Potessi almeno

Quel momento obliar che in mezzo all’armi

Me da’ nemici oppresso

Cadente sollevasti, e col tuo sangue

Generoso serbasti i giorni miei!

Ché adesso non avrei,

Del padre mio nel vendicare il fato,

La pena, oh Dio! di divenirti ingrato.

ARB.

I primi affetti tui,

Signor, non perda un innocente oppresso.

Se mai degno ne fui, lo sono adesso.

ARTAB.

Audace! E con qual fronte

Puoi domandargli amor? Perfido figlio!

Il mio rossor, la pena mia tu sei.

ARB.

Anche il padre congiura a’ danni miei!

ARTAB.

Che vorresti da me? Ch’io fossi a parte

De’ falli tuoi nel compatirti? Eh, provi, (ad Artaserse)

Provi, o signor, la tua giustizia. Io stesso

Sollecito la pena. In sua difesa

Non gli giovi Artabano aver per padre.

Scordati la mia fede, oblia quel sangue,

Di cui, per questo regno

Tante volte pugnando, i campi aspersi:

Coll’altro, ch’io versai, questo si versi.

ARTAS.

Oh fedeltà!

ARTAB.

Risolvi, e qualche affetto

Se ti resta per lui, vada in oblio.

ARTAS.

Risolverò, ma con qual core... Oh Dio!

 

Deh respirar lasciatemi

Qualche momento in pace!

Capace di risolvere

La mia ragion non è.

Mi trovo in un istante

Giudice amico, amante,

E delinquente e re. (parte)

 

 

 




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