ARB.
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Tanto in odio alla Persia
Dunque son io, che di mia rea fortuna
L’ingiustizia a mirar tutta s’aduna?
Mio re...
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ARTAS.
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Chiamami amico. Infin ch’io possa
Dubitar del tuo fallo, esser lo voglio:
E, perché sì bel nome
In un giudice è colpa, ad Artabano
Il giudizio è commesso.
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ARB.
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Al padre!
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ARTAS.
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A lui.
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ARB.
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(Gelo d’orror!)
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ARTAB.
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Che pensi? Ammiri forse
La mia costanza?
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ARB.
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Inorridisco,
o padre,
Nel mirarti in quel luogo e ripensando
Qual io son, qual tu sei. Come potesti
Farti giudice mio? Come conservi
Così intrepido il volto, e non ti senti
L’anima lacerar?
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ARTAB.
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Quai moti interni
Io provi in me, tu ricercar non devi,
Né quale intelligenza
Abbia col volto il cor. Qualunque io sia,
Lo son per colpa tua. Se a’ miei consigli
Tu davi orecchio, e seguitar sapevi
L’orme d’un padre amante, in faccia a questi
Giudice non sarei, reo non saresti.
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ARTAS.
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Misero genitor!
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MAN.
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Qui non si venne
I vostri ad ascoltar privati affanni:
O Arbace si difenda o si condanni.
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ARB.
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(Quanto rigor!)
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ARTAB.
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Dunque alle mie richieste
Risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
Di Serse l’uccisor: ne sei convinto.
Ecco le prove: un temerario amore,
Uno sdegno ribelle...
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ARB.
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Il ferro, il sangue,
Il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga,
So che la colpa mia fanno evidente:
E pur vera non è; sono innocente.
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ARTAB.
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Dimostralo, se puoi; placa lo sdegno
Dell’offesa Mandane.
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ARB.
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Ah! se mi vuoi
Costante nel soffrir, non assalirmi
In sì tenera parte. Al nome amato,
Barbaro genitor...
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ARTAB.
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Taci: non vedi,
Nella tua cieca intolleranza e stolta,
Dove sei, con chi parli e chi t’ascolta?
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ARB.
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Ma, padre...
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ARTAB.
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(Affetti, ah, tollerate il
freno!)
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MAN.
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(Povero cor, non palpitarmi in seno!)
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ARTAB.
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Chiede pur la tua colpa
Difesa o pentimento.
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ARTAS.
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Ah, porgi aita
Alla nostra pietà.
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ARB.
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Mio re, non trovo
Né colpa, né difesa,
Né motivo a pentirmi; e, se mi chiedi
Mille volte ragion di questo eccesso,
Tornerò mille volte a dir l’istesso.
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ARTAB.
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(Oh amor di figlio!)
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MAN.
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Egli ugualmente è reo
O se parla o se tace. Or che si pensa?
Il giudice che fa? Questo è quel padre
Che vendicar doveva un doppio oltraggio?
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ARB.
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Mi vuoi morto, o Mandane?
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MAN.
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(Alma, coraggio).
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ARTAB.
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Sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
Nel rigor d’Artabano un grand’esempio
Di giustizia e di fé non visto ancora.
Io condanno il mio figlio: Arbace mora. (sottoscrive il
foglio)
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MAN.
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(Oh Dio!)
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ARTAS.
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Sospendi, amico,
Il decreto fatal.
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ARTAB.
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Segnato è il foglio:
Ho compìto il dover. (s’alza e dà il foglio a Megabise)
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ARTAS.
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Barbaro vanto! (scende dal
trono, ed i grandi si levano da sedere)
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SEM.
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Padre inumano!
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MAN.
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(piange)
(Ah, mi tradisce il pianto).
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ARB.
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Piange Mandane! E pur sentisti al fine
Qualche pietà del mio destin tiranno!
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MAN.
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Si piange di piacer come d’affanno.
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ARTAB.
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Di giudice severo
Adempite ho le parti. Ah, si permetta
Agli affetti di padre
Uno sfogo, o signor. Figlio, perdona
Alla barbara legge
D’un tiranno dover. Soffri, ché poco
Ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
L’aspetto della pena: il mal peggiore
È de’ mali il timor.
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ARB.
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Vacilla,
o padre,
La sofferenza mia. Trovarmi esposto
In faccia al mondo intero
In sembianza di reo; veder recise
Sul verdeggiar le mie speranze, estinti
Su l’aurora i miei dì; vedermi in odio
Alla Persia, all’amico, a lei che adoro;
Saper che ’l padre mio...
Barbaro padre... (Ah, ch’io mi perdo!) Addio.
(in atto di partire: poi si ferma)
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ARTAB.
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(Io gelo!)
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MAN.
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(Io moro!)
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ARB.
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Oh, temerario Arbace!
Dove trascorri? Ah, genitor, perdona:
Eccomi a’ piedi tuoi; scusa i trasporti
D’un insano dolor. Tutto il mio sangue
Si versi pur, non me ne lagno; e, in vece
Di chiamarla tiranna,
Io bacio quella man che mi condanna.
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ARTAB.
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Basta, sorgi: pur troppo
Hai ragion di lagnarti.
Ma sappi... (Oh Dio!) Prendi un abbraccio e parti.
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ARB.
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Per quel paterno amplesso,
Per questo estremo addio
Conservami te stesso,
Placami l’idol mio,
Difendimi il mio re.
Vado a morir beato,
Se della Persia il fato
Tutto si sfoga in me. (parte fra le guardie
seguìto da Megabise, e partono i grandi)
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