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Pietro Metastasio
Artaserse

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SCENA TREDICESIMA

 

Artaserse, Semira, Artabano

 

ARTAS.

Quanto, amata Semira,

Congiura il Ciel del nostro Arbace a danno!

SEM.

Inumano! tiranno!

Così presto ti cangi?

Prima uccidi l’amico e poi lo piangi?

ARTAS.

All’arbitrio del padre

La sua vita commisi,

Ed io sono il tiranno, ed io l’uccisi?

SEM.

Questa è la più ingegnosa

Barbara crudeltà. Giudice, il padre

Era servo alla legge. A te, sovrano,

La legge era vassalla. Ei non poteva

Esser pietoso, e tu dovevi. Eh! dimmi

Che godi di veder svenato un figlio

Per man del genitore,

Che amicizia non hai, non senti amore.

ARTAS.

Parli la Persia e dica

Se ad Arbace son grato

Se ho pietà del tuo duol, se t’amo ancora.

SEM.

Ben ti credei fin ora,

Lusingata ancor io dal genio antico,

Pietoso amante e generoso amico;

Ma ti scopre un istante

Perfido amico e dispietato amante.

 

Per quell’affetto,

Che l’incatena,

L’ira depone

La tigre armena,

Lascia il leone

La crudeltà.

Tu, delle fiere

Più fiero ancora,

Alle preghiere

Di chi t’adora

Spogli il tuo petto

D’ogni pietà. (parte)

 

 

 




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