- ATTO PRIMO
- Scena ottava - Amilcare, Regolo, Attilia, Publio
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AMIL. In questa guisa adempie
Regolo le promesse?
REG. Io vi promisi
di ritornar; l'eseguirò.
AMIL. Ma...
ATT. Padre!
LIC. Signor!
ATT., LIC. Su questa mano...
REG. Scostatevi. Io non sono,
lode agli dei, libero ancora.
ATT. Il cambio
dunque si ricusò?
REG. Publio, ne guida
al soggiorno prescritto
ad Amilcare e a me.
PUBLIO Né tu verrai
a' patri lari, al tuo ricetto
antico?
REG. Non entra in Roma un
messaggier nemico.
LIC. Questa troppo severa
legge non è per te.
REG. Saria tiranna,
se non fosse per tutti.
ATT. Io voglio almeno
seguirti ovunque andrai.
REG. No; chiede il tempo,
Attilia, altro pensier che molli
affetti
di figlia e genitor.
ATT. Da quel che fosti,
padre, ah perché così diverso
adesso?
REG. La mia sorte è diversa; io
son l'istesso.
Non perdo la calma
fra' ceppi o gli allori:
non va sino all'alma
la mia servitù.
Combatte i rigori
di sorte incostante
in vario sembiante
l'istessa virtù.
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