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Pietro Metastasio Attilio Regolo IntraText CT - Lettura del testo |
REG. Publio, tu qui! Si tratta
dell'onor mio, del pubblico riposo,
e in Senato non sei?
signor, non è.
fra i padri il voto mio: mostrati degno
dell'origine tua.
io stesso il danno tuo?
PUBLIO Ah di te stesso,
dunque un furore il mio? Credi ch'io solo,
fra ciò che vive, odii me stesso? Oh quanto
t'inganni! Al par d'ogni altro
bramo il mio ben, fuggo il mio mal. Ma questo
trovo sol nella colpa, e quello io trovo
nella sola virtù. Colpa sarebbe
ricuperar la libertà smarrita;
ond'è mio mal la libertà, la vita:
è della patria assicurar la sorte;
ond'è mio ben la servitù, la morte.
di cui siam parti. Al cittadino è fallo
considerar se stesso
separato da lei. L'utile o il danno,
ch'ei conoscer dee solo, è ciò che giova
o nuoce alla sua patria, a cui di tutto
è debitor. Quando i sudori e il sangue
sparge per lei, nulla del proprio ei dona;
rende sol ciò che n'ebbe. Essa il produsse,
l'educò, lo nudrì. Con le sue leggi
dagl'insulti domestici il difende,
dagli esterni con l'armi. Ella gli presta
nome, grado ed onor: ne premia il merto;
ne vendica le offese; e madre amante
la sua felicità, per quanto lice
al destin de' mortali esser felice.
il peso lor. Chi ne ricusa il peso,
rinunci al benefizio; a far si vada
mendìco abitatore; e là, di poche
misere ghiande e d'un covil contento,
viva libero e solo a suo talento.
PUBLIO Adoro i detti tuoi. L'alma convinci,
ma il cor non persuadi. Ad ubbidirti
la natura repugna. Al fin son figlio,
non lo posso obbliar.
per chi nacque romano. Erano padri
sol fra' padri restò. Figlio non vanta
Roma fin or, che a proccurar giungesse
REG. Dunque aspira all'onor del primo esempio.
Va.
PUBLIO Deh...
REG. Non più. Della mia sorte attendo
la notizia da te.
troppo, o signor.
REG. Mi vuoi straniero, o padre?
l'util di Roma al mio; se padre, il cenno
i moti del cor mio, rigido meno
forse con me saresti.
prove io vo' di costanza e non d'amore.
e tutto a' piedi tuoi,
Ma che un tuo figlio istesso
tanta virtù non ho.