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Pietro Metastasio Catone in Utica IntraText CT - Lettura del testo |
Parte interna delle mura di Utica, con porta della città in prospetto, chiusa da un ponte, che poi si abbassa.
CAT. |
Dunque Cesare venga. Io non intendo Qual cagion lo conduca. È inganno? è tema? Non giunge a tanto ambizion d’impero |
CES. |
Con cento squadre e cento, A mia difesa armate, in campo aperto Non mi presento a te. Senz’armi e solo, |
CAT. |
Mi conosci abbastanza, onde in fidarti Nulla più del dovere a me rendesti. Di che temer potresti? In Egitto non sei. Qui delle genti |
CES. |
È ver: noto mi sei. Già il tuo gran nome Fin da’ prim’anni a venerare appresi: Padre e sostegno e delle antiche leggi Rigido difensor. Fu poi la sorte Prodiga all’armi mie del suo favore; Ma l’acquisto maggiore, |
FUL. |
E il Senato la chiede: a voi m’invia Nuncio del suo volere. È tempo ormai La combattuta patria abbia riposo. È già l’Italia afflitta: alle campagne Manca il ferro agli aratri: in uso d’armi Tutto il furor converte; e, mentre Roma Con le sue mani il proprio sen divide, Gode l’Asia incostante, Africa ride. |
CAT. |
Facilmente l’avrà: sia fido a Roma. |
CES. |
Chi più fido di me? Spargo per lei Il sudor da gran tempo e il sangue mio. Son io quegli, son io, che su gli alpestri Gioghi del Tauro, ov’è più al ciel vicino, Fe’ risonar la prima volta il nome. Per me le ignote ancora Romane insegne a venerare apprese. Se venni poi... |
CAT. |
Godiamo i frutti, e in ogni parte abbiamo Pegni dell’amor tuo. Dunque mi credi Mal accorto così, ch’io non ravvisi Velato di virtude il tuo disegno? |
FUL. |
Di ricomporre i disuniti affetti |
CAT. |
E ben, si parli. |
FUL. |
(Tanta virtude |
CES. |
(Io l’ammiro però, se ben m’offende). (a Fulvio) Dal tuo, dal cenno mio: sol che la nostra Amicizia si stringa, il tutto è in pace. |