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Pietro Metastasio
Catone in Utica

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SCENA NONA

 

Fabbriche in parte rovinate vicino al soggiorno di Catone.

 

Cesare e Fulvio

 

CES.

Giunse dunque a tentarti

D’infedeltade Emilia? E tanto spera

Dall’amor tuo?

FUL.

Sì; ma, per quanto io l’ami,

Amo più la mia gloria.

Infido a te mi finsi

Per sicurezza tua. Così palesi

Saranno i suoi disegni.

CES.

A Fulvio amico

Tutto fido me stesso. Or, mentre io vado

Il campo a riveder, qui resta, e siegui

Il suo core a scoprir.

FUL.

Tu parti?

CES.

Io deggio

Prevenire i tumulti,

Che la tardanza mia destar potrebbe.

FUL.

E Catone?

CES.

A lui vanne, e l’assicura

Che, pria che giunga a mezzo corso il giorno

A lui farò ritorno.

FUL.

Andrò, ma veggo

Marzia che viene.

CES.

In libertà mi lascia

Un momento con lei: fin ora in vano

La ricercai. T’è noto...

FUL.

Io so che l’ami;

So che t’adora anch’ella; e so per prova

Qual piacer si ritrova

Dopo lunga stagion nel dolce istante

Che rivede il suo bene un fido amante. (parte)

 

 

 




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