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Pietro Metastasio Catone in Utica IntraText CT - Lettura del testo |
FUL. |
Consolati, signor; la tua fortuna Degna è d’invidia. Ad ascoltarti al fine |
EMI. |
(Ancor costui |
CES. |
E così presto |
FUL. |
Anzi il suo pregio I compagni, gli amici, Utica intera, Desiosa di pace, a forza ha svelto Il consenso da lui. Da’ prieghi astretto, Non persuaso, ei con sdegnosi accenti Aspramente assentì, quasi da lui Tu dipendessi e la comun speranza. |
CES. |
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EMI. |
(E tanto ho da soffrir?) |
(a Cesare) Una privata offesa, ah non seduca Il tuo gran cor. Vanne a Catone, e insieme, Tanto sangue latino. Al mondo intero |
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CES. |
Ah! Marzia... |
Io dunque |
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EMI. |
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FUL. |
Eh, che non è più tempo Che si parli di pace. A vendicarci |
CES. |
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FUL. |
Come! |
(Respiro). |
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EMI. |
Or vanta, Vile che sei, quel tuo gran cor. Ritorna |
CES. |
Chi può gli oltraggi Vendicar con un cenno, e si raffrena, Vile non è, Marzia, di nuovo al padre Vuo’ chieder pace, e soffrirò fin tanto Ch’io perda di placarlo ogni speranza. Ma, se tanto s’avanza L’orgoglio in lui che non si pieghi, allora Giunger potrebbe un trattenuto sdegno.
Né a cento legni e cento, |