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Pietro Metastasio
Catone in Utica

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SCENA NONA

 

Fulvio, con gente armata, che, gettati a terra i ripari, entra, e detti.

 

FUL.

Venite, amici.

MAR. ed EMI.

Oh Ciel!

CAT.

Numi, che vedo!

FUL.

Cesare, all’armi nostre

Utica aprì le porte: or puoi sicuro

Goder della vittoria.

CAT.

Ah, siam traditi!

CES.

Corri, amico, e raffrena (a Fulvio)

La militar licenza: io vincer voglio,

Non trionfare.

EMI.

Inutil ferro! (getta la spada)

MAR.

Oh dèi!

FUL.

Parte di voi rimanga (a’ suoi soldati)

Di Cesare in difesa. Emilia, addio.

EMI.

Va, indegno!

FUL.

A Roma io servo e al dover mio.

(parte. Restano alcune guardie con Cesare)

CES.

Catone, io vincitor...

CAT.

Taci. Se chiedi

Ch’io ceda il ferro, eccolo; (getta la spada) un tuo comando

Udir non voglio.

CES.

Ah! no, torni al tuo fianco,

Torni l’illustre acciar.

CAT.

Sarebbe un peso

Vergognoso per me, quando è tuo dono.

MAR.

Caro padre...

CAT.

T’accheta.

Il mio rossor tu sei.

MAR.

Si plachi almeno

Il cor d’Emilia.

EMI.

Il chiedi in vano.

CES.

(a Catone)

Amico,

Pace, pace una volta.

CAT.

In van la speri.

MAR.

Ma tu che vuoi? (ad Emilia)

EMI.

Viver fra gli odii e l’ire.

CES.

Ma tu che brami? (a Catone)

CAT.

In libertà morire.

MAR.

Deh, in vita ti serba. (a Catone)

CES.

Deh, sgombra l’affanno. (ad Emilia)

CAT.

Ingrata, superba! (a Marzia)

EMI.

Indegno, tiranno! (a Cesare)

CES.

Ma t’offro la pace. (a Catone)

CAT.

Il dono mi spiace.

MAR.

Ma l’odio raffrena. (ad Emilia)

EMI.

Vendetta sol voglio.

CES.

Che duolo!

MAR.

Che pena!

EMI.

Che fasto!

CAT.

Che orgoglio!

TUTTI

Più strane vicende

La sorte non ha.

MAR.

M’oltraggia, m’offende

Il padre sdegnato. (da sé)

CES.

Non cangia pensiero

Quel core ostinato. (verso Catone)

EMI.

Vendetta non spero. (da sé)

CAT.

La figlia è ribelle. (da sé)

TUTTI

Che voglian le stelle,

Quest’alma non sa. (partono)

 

 

 




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