CLEON
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Basta, Olinto, non più. Fra pochi istanti
Al destinato loco
Il popolo inquieto
Comparir mi vedrà. Chiede ch’io scelga
Lo sposo, il re? Si sceglierà la sposo,
Il re si sceglierà. Solo un momento
Chiedo a pensar. Che intolleranza è questa,
Importuna, indiscreta? I miei vassalli
Sì poco han di rispetto? A farmi serva
M’innalzaste sul trono, o v’arrossite
Di soggiacere a un femminile impero?
Pur l’esempio primiero
Cleonice non è. Senza rossore
A Talestri, a Tomiri
Servì lo Scita, ed in diverso lido
Babilonia a Semira, Africa a Dido.
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OLI.
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Perdonami, o regina;
Di noi ti lagni a torto. I pregi tuoi
Non conosce la Siria? Estinto appena
Il tuo gran genitor, t’innalza al trono;
Al tuo genio confida
La scelta del suo re; tempo concede
Al maturo consiglio; affretta in vano,
In van brama il momento
Già promesso da te per suo conforto:
E ti lagni di noi? Ti lagni a torto.
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CLEON.
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E ben, se tanto il regno
Confida a me, di pochi istanti ancora
Non mi nieghi l’indugio.
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OLI.
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Oh Dio! regina,
Tante volte deluse
Fur le nostre speranze,
Che si teme a ragion. Due lune intere
Donò Seleucia al tuo dolor pietoso
Dovuto al genitor. Del terzo giro
Il termine è vicino,
E non risolvi ancor. Di tua dimora
Quando un sogno funesto,
Quando un infausto dì timida accusi.
Or dici che vedesti
A destra balenar: or che su l’ara
Sorse obliqua la fiamma: or che i tuoi sonni
Ruppe d’augel notturno il mesto canto:
Or che dagli occhi tuoi
Cadde improvviso e involontario il pianto.
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CLEON.
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Fu giusto il mio timor.
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OLI.
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Dopo sì lievi
Mendicati pretesti, in questo giorno
Sceglier prometti. Impaziente e lieto
Tutto il regno raccolto
Previene il dì. Ciascun s’adorna, inteso
Con ricca pompa a comparirti avanti.
Chi di serici ammanti,
Sudati già dalle sidonie ancelle;
Chi di sanguigne lane,
Che Tiro colorì, le membra avvolge.
In su la fronte a questi
Vedi tremar fra i lunghi veli attorti
Di raro augel le pellegrine piume:
Dalle tempie di quelli
Vedi cader multiplicata e strana
Serie d’indiche perle. Altri di gemme,
Altri d’oro distingue i ricchi arredi
Di partico destrier. Quanto ha di raro,
Tutto espone la Siria; e tornan tutti
A riveder la luce i preziosi
Dall’avaro timor tesori ascosi.
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CLEON.
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Inutile sollievo a mia sventura.
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OLI.
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Ma che pro tanta cura,
Tanto studio che pro? Se, attesa in vano
Dall’aurora al meriggio,
Dal meriggio alla sera, e dalla sera
A questa della notte
Già gran parte trascorsa, ancor non vieni?
Irresoluta, incerta
Dubiti, ti confondi; a’ dubbi tuoi
Sembra ogn’indugio insufficiente e corto:
E ti lagni di noi? Ti lagni a torto.
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CLEON.
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Pur troppo è ver, pur troppo
Convien ch’io serva a questa
Dura necessità. Vanne; precedi
Il mio venir. Sarà contento il regno:
Lo sposo sceglierò.
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OLI.
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Pensa, rammenta
Che suddito fedele
Olinto t’ammirò; che il sangue mio...
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CLEON.
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Lo so: d’illustri eroi
Per le vene trascorse.
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OLI.
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Aggiungi a questo
I merti di Fenicio...
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CLEON.
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A me son noti.
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OLI.
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Sai de’ consigli suoi...
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CLEON.
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De’ suoi consigli
Io conosco il valor; distinguo il pregio
Della sua fedeltà. Tutto pensai,
Tutto, Olinto, io già so.
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OLI.
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Tutto non sai.
Già da lunga stagion tacito amante
All’amorose faci
Mi struggo de’ tuoi lumi...
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CLEON.
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Ah parti, e taci.
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OLI.
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Come tacere?
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CLEON.
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E ti par tempo, Olinto,
Di parlarmi d’amor? (s’alza da sedere)
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OLI.
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Perché sdegnarti,
S’io chiedendo mercé...
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CLEON.
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Ma taci, e parti.
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OLI.
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Di quell’ingiusto sdegno
Io la cagion non vedo:
Offenderti non credo,
Parlandoti d’amor.
Tu mi rendesti amante;
Colpa è del tuo sembiante
La libertà del labbro,
La servitù del cor. (parte)
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