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Pietro Metastasio
Demetrio

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SCENA DODICESIMA

 

Alceste e detta.

 

ALC.

Adorata regina, io più non credo

Che di dolor si muora. È folle inganno

Dir che affretti un affanno

L’ultime della vita ore funeste:

Se fosse ver, non viverebbe Alceste.

Ma, se questa produce

Sospirata mercé la pena mia,

La pena, ch’io provai,

In questo punto è compensata assai.

CLEON.

(Tenerezze crudeli!)

ALC.

Ah! se l’istessa

Per me tu sei, come per te son io;

S’è ver che posso ancora

Tutto sperar da te, qual fu l’errore,

Per cui tanto rigore

Io da te meritai, dimmi una volta.

CLEON.

Tutto, Alceste, saprai: siedi, e m’ascolta.

ALC.

Servo al sovrano impero.

CLEON.

(Io gelo e temo) (siede)

ALC.

(Io mi consolo e spero). (siede)

CLEON.

Alceste, ami da vero

La tua regina, o t’innamora in lei

Lo splendor della cuna,

L’onor degli avi e la real fortuna?

ALC.

Così bassi pensieri

Credi in Alceste? o con i dubbi tuoi

Rimproverar mi vuoi

Le paterne capanne? Io fra le selve,

Ove nacqui, ove crebbi,

O lasciai questi sensi, o mai non gli ebbi.

In Cleonice adoro

Quella beltà che non soggiace al giro

Di fortuna e d’etade: amo il suo core;

Amo l’anima bella,

Che, adorna di se stessa

E delle sue virtù, rende allo scettro

Ed al serto real copregi sui

Luce maggior che non ottien da lui.

CLEON.

Da così degno amante

Un magnanimo sforzo

Posso dunque sperar?

ALC.

Qualunque legge

Fedele eseguirò.

CLEON.

Molto prometti.

ALC.

E tutto adempirò. Non v’è periglio

Che lieve non divenga,

Sostenuto per te. N’andrò sicuro

A sfidar le tempeste: inerme il petto

Esporrò, se lo chiedi, incontro all’armi.

CLEON.

Chiedo molto di più: convien lasciarmi.

ALC.

Lasciarti? Oh dèi! che dici?

CLEON.

E lasciarmi per sempre, e in altro cielo

Viver senza di me.

ALC.

Ma chi prescrive

Così barbara legge?

CLEON.

Il mio decoro,

Il genio de’ vassalli,

La giustizia, il dover, la gloria mia,

Quella virtù, che tanto

Ti piacque in me, quella che al regio serto

Rende copregi sui

Luce maggior che non ottien da lui.

ALC.

E con tanta costanza

Chiedi ch’io t’abbandoni?

CLEON.

Ah! tu non sai...

ALC.

So che non m’ami, e lo conosco assai. (s’alza)

Appaga la tua gloria,

Contenta i tuoi vassalli,

Servi alla tua virtù, porta sul trono

La taccia d’infedele. Io tra le selve

Porterò la memoria

Viva nel cor della mia tradita,

Se pure il mio dolor mi lascia in vita. (in atto di partire)

CLEON.

Deh! non partire ancor.

ALC.

Del tuo decoro

Troppo son io geloso. Un vil pastore

Con più lunga dimora avvilirebbe

Il tuo grado real.

CLEON.

Tu mi deridi,

Ingrato Alceste!

ALC.

Io sono

Veramente l’ingrato! Io t’abbandono!

Io sacrifico al fasto

La fede, i giuramenti,

Le promesse, l’amor! Barbara! infida!

Inumana! spergiura!

CLEON.

Io dal tuo labbro

Tutto voglio soffrir. S’altro ti resta,

Sfogati pur. Ma, quando

Sazio sei d’insultarmi, almen per poco

Lascia ch’io parli.

ALC.

In tua difesa, ingrata!

Che dir potrai? D’infedeltànera

La colpa ricoprir forse tu credi?

CLEON.

Non condannarmi ancor. M’ascolta e siedi.

ALC.

(Oh dèi, quanto si fida

Nel suo poter!) (torna a sedere)

CLEON.

Se ti ricordi, Alceste,

Che per due lustri interi

Fosti de’ miei pensieri

Il più dolce pensier, creder potrai

Quanto barbara sia

Nel doverti lasciar la pena mia.

Ma, in faccia a tutto il mondo,

Costretta Cleonice

Ad eleggere un re, più col suo core

Consigliarsi non può; ma deve, oh Dio!

Tutti sacrificar gli affetti sui

Alla sua gloria ed alla pace altrui.

ALC.

Arbitra della scelta

Non ti rese il consiglio?

CLEON.

È ver: potrei

Dell’arbitrio abusar, condurti in trono;

Ma credi tu che tanti

Ingiustamente esclusi

Ne soffrissero il torto? Insidie ascose,

Aperti insulti e turbolenze interne

Agiteriano il regno,

Alceste e me. La debolezza mia,

La tua giovane etade, i tuoi natali

Sarian armi all’invidia. I nostri nomi

Sarian per l’Asia in mille bocche e mille

Vil materia di riso. Ah! caro Alceste,

Mentiscano i maligni. Altrui d’esempio

Sia la nostra virtù. Quest’atto illustre

Compatisca ed ammiri

Il mondo spettator. Dagli occhi altrui

Qualche lagrima esiga il caso acerbo

Di due teneri amanti,

Per la gloria capaci

Di spezzar volontari i dolci nodi

Di così giusto e così lungo amore.

ALC.

Perché, barbari dèi, farmi pastore!

CLEON.

Va: cediamo al destin. Da me lontano

Vivi felice; il tuo dolor consola.

Poco avrai da dolerti

Ch’io ti viva infedele, anima mia.

Già da questo momento

Io comincio a morir. Questo ch’io verso,

Fors’è l’ultimo pianto. Addio! Non dirmi

Mai più che infida e che spergiura io sono.

ALC.

Perdono, anima bella, oh Dio! perdono.

Regna, vivi, conserva (s’alza e s’inginocchia)

Intatta la tua gloria. Io m’arrossisco

De’ miei trasporti; e son felice appieno,

Se da un labbrocaro

Tanta virtù, tanta costanza imparo.

CLEON.

Sorgi, parti, s’è vero

Ch’ami la mia virtù.

ALC.

Su quella mano,

Che più mia non sarà, permetti almeno

Che imprima il labbro mio

L’ultimo bacio, e poi ti lascio.

A DUE

Addio!

ALC.

Non so frenare il pianto,

Cara, nel dirti addio:

Ma questo pianto mio

Tutto non è dolor.

È meraviglia, è amore,

È pentimento, è speme;

Son mille affetti insieme

Tutti raccolti al cor. (siede)

 

 

 




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