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Pietro Metastasio
Demetrio

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SCENA TREDICESIMA

 

Alceste, che viene incontrato da Cleonice e da Fenicio; Mitrane e guardie.

 

ALC.

La prima volta è questa

Che mi presento a te senza il timore

Di vederti arrossir del nostro amore.

Fra tanti beni e tanti,

Che al destino real congiunti sono,

Questo è il maggior ch’io troverò sul trono.

CLEON.

Signor, cangiammo sorte. Il re tu sei,

La suddita son io;

E ’l timor dal tuo sen passò nel mio.

Va, Demetrio. Ecco il soglio

Degli avi tuoi. Con quel piacer lo rendo,

Che donato l’avrei. Godilo almeno

Più felice di me. Finché m’accolse,

Così mi fu d’ogni contento avaro,

Che sol quando lo perdo egli mi è caro.

MITR.

Anime generose!

ALC.

Andrò sul trono,

Ma la tua man mi guidi; e quella mano

Sia premio alla mia .

CLEON.

grato cenno

Il merto d’ubbidir tutto mi toglie. (vanno vicino all’ara e si porgono la mano)

FEN.

Oh qual piacer nell’alma mia s’accoglie!

ALC. e CLEON.

Deh! risplendi, o chiaro nume,

Fausto sempre al nostro amor.

ALC.

Qual son io, tu fosti amante,

Di Tessaglia in riva al fiume

E in sembiante di pastor.

CLEON.

Qual son io, tu sei costante,

E conservi il bel costume

D’esser fido ai lauri ancor.

ALC. e CLEON.

Deh! risplendi, o chiaro nume,

Fausto sempre al nostro amor.

FEN.

Tuoni a sinistra il ciel.

 

 

 




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