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Pietro Metastasio Demofoonte IntraText CT - Lettura del testo |
Demofoonte e poi Timante
DEM. |
Che alterezza ha costei! Quasi... Ma tutto Al grado, al sesso ed all’età si doni. Troppo mal l’abbia accolta. È forza ch’io Lo avverta, lo riprenda, acciò, più saggio Le ripugnanze sue vinca in appresso. |
TIM. |
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DEM. |
Per chi? |
TIM. |
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DEM. |
Ho già deciso Del suo destin. Non si rivoca un cenno Che uscì da regio labbro. È d’un errore Conseguenza il pentirsi; e il re non erra. |
TIM. |
Se si adorano in terra, è perché sono Placabili gli dèi. D’ogni altro è il Fato Nume il più grande; e, sol perché non muta Un decreto giammai, non trovi esempio Di chi voglia innalzargli un’ara, un tempio. |
DEM. |
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TIM. |
Poco sicuro. |
DEM. |
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TIM. |
E porta seco |
DEM. |
A poco a poco |
TIM. |
Ma simulato. |
DEM. |
Il tempo T’insegnerà quel ch’or non sai. Per ora D’altro abbiamo a parlar. Dimmi: a Creusa |
TIM. |
Ho tal per lei Repugnanza nel cor, che non mi sento |
DEM. |
E pur conviene... |
TIM. |
Ne parleremo. Or per Dircea, signore, |
DEM. |
E pur di lei |
TIM. |
Non ti posso ubbidir. Deh! se giammai Son giunto a meritar; se, adorno il seno D’onorate ferite, alle tue braccia Ritornai vincitor; se i miei trionfi, Non tardi frutti, han mai saputo alcuna Esprimerti dal ciglio Lagrima di piacer; libera, assolvi La povera Dircea. Misera! Io solo Parlo per lei; l’abbandonò ciascuno; Non ha speme che in me. Sarebbe, oh Dio! Troppa inumanità, senza delitto, Nel fior degli anni suoi, su l’are atroci Vederla agonizzar; vederle a rivi Dal molle sen; del moribondo labbro Udir gli ultimi accenti; i moti estremi Degli occhi suoi... Ma tu mi guardi, o padre! Tu impallidisci! Ah! lo conosco: è questo Un moto di pietà. (s’inginocchia) Deh! non pentirti: Secondalo, o signor. No, finché il cenno |
DEM. |
Principe (oh sommi dèi), sorgi. E che deggio Creder di te? Quel nominar con tanta |
TIM. |
In vano |
DEM. |
Ah! questa è dunque Delle freddezze tue verso Creusa La nascosta sorgente. E che pretendi Da questo amor? che per tua sposa forse Una vassalla io ti conceda? o pensi |
TIM. |
Qual dubbio mai Ti cade in mente! A tutti i numi il giuro, Non sposerò Dircea; nol bramo: io chiedo Che viva solo. E se pur vuoi che mora, Morrà, non lusingarti, il figlio ancora. |
DEM. |
(Per vincerlo, si ceda). E ben, tu ’l vuoi: La dono a te. |
TIM. |
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DEM. |
Condescendenza una mercé. |
TIM. |
La vita, Il sangue mio... |
DEM. |
Rispetta la mia scelta. A queste nozze Non ti mostrar sì avverso. |
TIM. |
Oh Dio! |
DEM. |
Lo veggo, Ti costan pena: or questa pena accresca Merito all’ubbidienza. Ebb’io pietade Della tua debolezza: abbi tu cura Dell’onor mio. Che si diria, Timante, Del padre tuo, se per tua colpa astretto Le promesse a tradir... Ma tanto ingrato So che non sei. Vieni alla sposa. Al tempio |
TIM. |
Signor... non posso. |
DEM. |
Da padre ti parlai: non obbligarmi |
TIM. |
Egualmente mi son; ma, tu lo sai, |
DEM. |
Le nozze de’ privati. Hanno i tuoi pari Nume maggior che li congiunge: e questo Sempre è il pubblico ben. |
TIM. |
Se il bene altrui |
DEM. |
Di garrir teco. Altra ragion non rendo. Io così voglio. |
TIM. |
Ed io non posso. |
DEM. |
Non sai... |
TIM. |
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DEM. |
E voglio |
TIM. |
Ah, no! |
DEM. |
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TIM. |
Ma senti. |
DEM. |
Intesi assai. |
TIM. |
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DEM. |
Né parti ancora? |
TIM. |
Non ti lagnar... |
DEM. |
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TIM. |
Io non distinguo Se priego o se minaccio. A poco a poco La ragion m’abbandona. A un passo estremo Non costringermi, o padre. Io mi protesto: |
DEM. |
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TIM. |
Tutto quel che farebbe un disperato.
Prudente mi chiedi?Dipende da te. Di lei, per cui peno, |