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Pietro Metastasio
Demofoonte

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SCENA SETTIMA

 

Creusa e poi Cherinto

 

CRE.

Che incanto è la beltà! Se tale effetto

Fa costei nel mio cor, degno di scusa

È Timante, che l’ama. Appena il pianto

Io potei trattener. Questi infelici

S’aman da vero. E la cagion son io

Di sì fiera tragedia? Ah no: si trovi

Qualche via d’evitarla. Appunto ho d’uopo

Di te, Cherinto.

CHER.

Il mio germano esangue

Domandar mi vorrai.

CRE.

No: quella brama

Con l’ira nacque e s’ammorzò con l’ira.

Or desio di salvarlo. Al sagrifizio

Già Dircea s’incammina;

Timante è disperato: i suoi furori

Tu corri a regolar; grazia per lei

Ad implorare io vado.

CHER.

Oh degna cura

D’un’anima reale! E chi potrebbe

Non amarti, o Creusa? Ah! se non fossi

tiranna con me...

CRE.

Ma donde il sai

Ch’io son tiranna? E questo cor diverso

Da quel che tu credesti.

Anch’io... Ma va. Troppo saper vorresti.

 

CHER.

No, non chiedo, amate stelle,

Se nemiche ancor mi siete:

Non è poco, o luci belle,

Ch’io ne possa dubitar.

Chi non ebbe ore mai liete,

Chi agli affanni ha l’alma avvezza,

Crede acquisto una dubbiezza,

Ch’è principio allo sperar. (parte)

 

 

 




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