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Pietro Metastasio Demofoonte IntraText CT - Lettura del testo |
Atrio del tempio d’Apollo. Magnifica, ma breve scala, per cui si ascende al tempio medesimo, la parte interna del quale è tutta scoperta agli spettatori, se non quanto ne interrompono la vista le colonne che sostengono la gran tribuna. Veggonsi l’are cadute, il fuoco estinto, i sacri vasi rovesciati, i fiori, le bende, le scuri e gli altri stromenti del sagrifizio sparsi per le scale e sul piano; i sacerdoti in fuga, i custodi reali inseguiti dagli amici di Timante; e per tutto confusione e tumulto.
Timante, che, incalzando disperatamente per la scala alcune guardie, si perde fra le scene. Dircea, che, dalla cima della scala medesima, spaventata lo richiama. Siegue breve mischia, col vantaggio degli amici di Timante; e, dileguati i combattenti, Dircea, che rivede Timante, corre a trattenerlo, scendendo dal tempio.
Difendetelo voi! Timante, ascolta; |
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TIM. |
(tornando affannato con ispada alla mano) Vieni, mia vita, Vieni: sei salva! |
Ah, che facesti! |
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TIM. |
Io feci Quel che dovea. |
TIM. |
Eh! no, Dircea, Non ti smarrir. Dalle mie vene uscito |
Ma guarda... |
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TIM. |
Ah! sposa, |
Dove resta? senz’esso |
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TIM. |
Ritornerò per lui |
TIM. |
È ver; fuggiamo (verso la destra) Dunque per l’altra via. Ma quindi ancora |
Aimè! |
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TIM. |
(guardando intorno) Gli amici Tutti m’abbandonar. |
Miseri noi! Or che farem? |
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TIM. |
Col ferro (lascia Dircea, e, colla spada alla mano, s’incammina alla sinistra) |