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Pietro Metastasio
Didone abbandonata

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Scena seconda - Didone, Enea, Selene, Osmida

 

DIDONE Enea, d'Asia splendore,

di Citerea soave cura e mia,

vedi come a momenti,

del tuo soggiorno altera,

la nascente Cartago alza la fronte.

Frutto de' miei sudori

son quegli archi, que' templi e quelle mura:

ma de' sudori miei

l'ornamento più grande, Enea, tu sei.

Tu non mi guardi, e taci? In questa guisa

con un freddo silenzio Enea m'accoglie?

Forse già dal tuo core

di me l'immago ha cancellata Amore?

ENEA Didone alla mia mente,

giuro a tutti gli dei, sempre è presente:

tempo o lontananza

potrà sparger d'obblio,

questo ancor giuro ai numi, il foco mio.

DID. Che proteste! Io non chiedo

giuramenti da te: perch'io ti creda,

un tuo sguardo mi basta, un tuo sospiro.

OSM. (Troppo s'inoltra).

SEL. (Ed io parlar non oso).

ENEA Se brami il tuo riposo,

pensa alla tua grandezza,

a me più non pensar.

DID. Che a te non pensi?

Io, che per te sol vivo? Io, che non godo

i miei giorni felici,

se un momento mi lasci?

ENEA Oh Dio, che dici!

E qual tempo scegliesti! Ah troppo, troppo

generosa tu sei per un ingrato.

DID. Ingrato Enea! Perché? Dunque noiosa

ti sarà la mia fiamma.

ENEA Anzi giammai

con maggior tenerezza io non t'amai.

Ma...

DID. Che?

ENEA La patria, il Cielo...

DID. Parla.

ENEA Dovrei... ma no...

L'amore... Oh Dio! la ...

Ah! che parlar non so.

Spiegalo tu per me.

 




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